DAKAR 1986 | Il test di Graziano Rossi sulla Moto Guzzi 750

Ndr: doveroso il pensiero per chi ci ha fornito questo articolo, Pietro Manganoni vera anima della Moto Guzzi alla Dakar, nonché bergamasco doc in trincea in questo duro periodo per la sua città e noi tutti. Grazie.

test di Graziano Rossi
Anche se le foto di questa prova non saranno eccezionali, colpa della giornata uggiosa e buia, l’occasione di provare oggi la Guzzi 750 Parigi-Dakar è troppo ghiotta per rimandarla a chissà quando. Dopo più di 30 anni la Guzzi ripresenta una moto da competizione «ufficiale»: questo è un avvenimento storico e il solo salirci mi ha un po’ emozionato, come dovessi provarla in vista di un Gran Premio. Invece devo solo andare a fare un giro al mare, a guidarla su un fondo che assomigli a quello del deserto, che sarà il campo d’azione, il prossimo gennaio, di questa tutto terreno che speriamo sia il primo passo verso un grande impegno, un grande ritorno allo sport della casa di Mandello Lario. Per la prossima Parigi-Dakar la Guzzi ha preparato tre mo-to che saranno guidate da due francesi. Drobeck e Rigonì, e dall’italiano Torri. Tutta l’organizzazione della corsa è affidata alla squadra dell’importatore francese.

Rossi-01

IN SELLA – Salgo per provare l’assetto e ho una sorpresa: la sella è esageratamente alta e non riesco a toccare in terra se non sporgendomi da un lato; scendo per mettere in moto: l’avviamento è a pedale e per fortuna la posizione della leva è bassa e facilmente accessibile. Infatti parte subito; lascio la frizione piano piano con la prima e gli corro un po’ dietro, poi, quando ha preso un po’ di velocità, gli salto sopra! È il modo più comodo per partire! Più tardi, quando è stata smontata, ho scoperto che la sella ha 10-15 cm di imbottitura e credo proprio che se ne potrebbero lasciare solo 5 per poterci salire più comodamente e non dover chiedere aiuto tutte le volte che bisogna fermarsi. Una volta partito, la Guzzi scopre le sue carte e sono davvero notevoli. Rossi-02Comincio a tirare di più e a correre anche sulla sabbia morbida, a curva-re piano, forte e di traverso, a tirare le marce, a frenare forte, a ripartire con una marcia bassa, a saltare su un dosso artificiale preparato per l’occasione con un’asse rubata a una barca in letargo li vicino.

MANOVRABILITA A TUTTA PROVA – Due caratteristiche mi sembrano eccezionali, e sono molto importanti: la maneggevolezza e la coppia. Questa moto, nonostante a prima vista sia di dimensioni «immense», sorprende per la facilità con cui si piega e si raddrizza, anche andando molto piano, grazie ad un baricentro davvero basso e ad un peso contenuto: 165 kg a secco. Nell’improvvisato salto la Guzzi si comporta decisamente bene dimostrando di essere molto ben bilanciata come pesi. Non pensavo davvero, con una mo-to di questo aspetto, di guidare come con una normale Enduro. Poi la coppia: è vero che il motore non ha molto allungo, ma con qualsiasi marcia, in qualsiasi condizione, la forza dei primi 3-4000 giri è entusiasmante! Addirittura la derapata stretta, che si dovrebbe fare in seconda, non crea problemi neppure a farla in terza o in quarta. Inoltre il motore che sto provando ha già molti km di prove ed è abbastanza spompato, quando sarà ora di partire per Dakar sarà molto più in forma!

TANTA COPPIA IN PIÙ Non gira molto in alto perché il rapporto di compressione è stato portato da 10:1 a 9:1 per avere molta coppia e soprattutto perché il motore non soffra per la benzina con po-chi ottani che si può trovare lungo il percorso. La velocità massima raggiungibile è di 170 km/h e i due ammortizzatori ohlins con 130 mm di corsa, che permettono una escursione di 270 mm e la forcella Marzocchi da 42 mm con regolazione esterna e 280 mm di escursione, riescono a dare alla moto precisione e stabilità anche quando in quarta o quinta piena ci si imbatte in avallamenti o dossi che non avevamo visto.

IL MOTORE – Di 750 cc è un quattro valvole che sviluppa 60 CV a 7100 giri, è munito di un radiatore per il raffreddamento dell’olio e i carburatori sono Dell’Orto da 30 mm con pompe di ripresa; a serbatoi pieni, 38 litri il normale più uno supplementare sotto la sella da 12 litri, l’autonomia è di 600 km. Il cambio a 5 marce è molto preciso e ben rapportato e la trasmissione a cardano non dà nessun problema per la guida, niente strappi neanche nelle cambiate più esasperate. È invece di grande vantaggio non avere la catena, che a continuo contatto con la sabbia ha bisogno di molta manutenzione e rischia lo stesso di rompersi. I freni sono Brembo: un disco flottante da 270 all’anteriore e uno forato da 250 al posteriore. Le gomme sono Michelin Desert, 17 pollici dietro e 21 davanti, con le «bib-mousse», invece delle normali camere d’aria, che sono salsicciotti di gomma piena montati dentro le gomme per evitare le forature. La strumentazione com-prende il contagiri – contachilometri, la spia dell’olio, il «trip-master» e l’apparecchia-tura per far scorrere il «road-book». Invece la bussola non è sulla moto ma sono i piloti a portarla. Bene, faccio un’ultima tirata, un ultimo salto ed è già quasi buio. Credo proprio che questa Guzzi abbia un gran potenziale, possa inserirsi tra le protagoniste dell’avventura africana e dare grosse soddisfazioni a quelli che l’hanno voluta! Il signor Donghi, responsabile della Moto Guzzi, ha detto che spera in un onorevole esordio, magari di finire nei primi 10 e magari, ma questo non l’ha detto, di riscoprire che cosa significava il nome Guzzi nelle corse 30 anni fa! G.R.