Dopo la sfortunato, ma in parte prevedibile, mio ritiro nell’edizione ’99, cominciai subito a pianificare la partecipazione alla Dakar del nuovo millennio!Gli organizzatori Francesi allestirono per l’occasione un percorso fuori dal comune, da Dakar al Cairo, quindi attraverso Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger, Libia ed Egitto.
Sulla carta un percorso molto interessante: dal 6 al 23 Gennaio, 10.863 km di cui 7.616 di prove speciali, toccando alcuni luoghi che hanno reso mitica questa gara, come il deserto del Ténéré, Agadez, Dirkou, Niamey …
L’arrivo, previsto ai piedi delle piramidi di Giza e della Sfinge, sarebbe stata la ciliegina sulla torta!
Dopo quanto accaduto l’anno prima devo, mio malgrado, acquistare una moto nuova. Rimango fedele alla Honda XR400 per le stesse ragioni che mi orientarono all’acquisto precedente, ossia semplicità, affidabilità e ottima accessibilità meccanica. Oltretutto in questa edizione, come del resto in tutte le successive, dovrò fare a meno del meccanico al seguito per risparmiare sul budget.
Per la preparazione della moto scelgo una soluzione più raffinata rispetto all’anno precedente, 3 serbatoi in alluminio fatti su misura dallo specialista Carlo Verona di VRP, completati da un paracoppa dello stesso materiale che ingloba un contenitore porta attrezzi e il piccolo serbatoio per l’acqua di emergenza.
Mi faranno compagnia in questa avventura i compagni di Moto Club Giorgio Papa, con una moto preparata come la mia, e Alessandro Balsotti con una Suzuki DR350. Si aggiungono inoltre Massimo Bubix Chinaglia, anche lui con DR350 e Giulio Verzeletti su Yamaha WR400.
Ho un bel ricordo di questa edizione, perché abbiamo formato un gruppo affiatato dove, al bivacco si faceva tutto insieme, aiutandoci a vicenda.
Il 27 e 28 Dicembre si svolgono a Parigi le verifiche tecniche e la partenza simbolica dal podio allestito a Champ de Mars con sfilata per la città. Successivamente è possibile caricare le moto sui furgoni per dirigersi verso il porto di Le Havre, dove tutti i mezzi della carovana vengono presi in carico dagli organizzatori e imbarcati su una nave che li porterà a Dakar.
Il 3 e 4 gennaio verifiche amministrative nella capitale del Senegal, il 6 ritiro delle moto al porto, briefing generale e siamo pronti a partire!
All’alba del 6, da Place de la Republic, partiamo uno ad uno in ordine inverso, vale a dire dal numero più alto al più basso. Io ho il 108, quando tocca a me il sole si è levato da poco e il pubblico non è certo quello delle grandi occasioni!
Comunque sono qui per una gara nel deserto, non per una sfilata mondana … quindi va bene così!
I primi 200 km sono su strade asfaltate dove bisogna prestare la massima attenzione al traffico locale; come si può immaginare per strada si trova di tutto e il caos regna sovrano.
La prima Speciale è di 284 km, su piste prevalentemente sabbiose, con molta vegetazione e numerosi attraversamenti di villaggi.
A sera mi è chiaro che l’insidia maggiore per la prima settimana sarà la polvere, e che polvere! Infatti, fino all’ingresso nel Niger, il percorso si sviluppa nella zona sub sahariana, fatta di piste di laterite (la terra rossa dei campi da tennis) contornate da vegetazione folta e alberi che, con le loro fronde, impediscono alla polvere sollevata dai veicoli in gara di diradarsi. Io, abituato alla nebbia padana, pur con molta prudenza, vado via spedito senza cacciarmi nei guai.
Il mio imperativo per questa edizione è arrivare alla fine, senza curarmi della mia posizione in classifica e di quella degli amici/avversari.
Ho anche capito che devo ascoltare il mio corpo e all’occorrenza fermarmi per una pausa, quando sento venire meno le energie.
Con questa strategia di gara arrivo a Niamey, quindi dopo 6 giorni, senza neanche aver fatto una piccola scivolata. La moto è tale e quale a come è partita, neanche un minimo graffio!
A sera viene esposto in bacheca un comunicato degli organizzatori, in cui si dice che i servizi segreti francesi hanno ragione di ritenere che un gruppo numeroso di terroristi/predoni, ben armato ed equipaggiato, è in attesa del passaggio della gara nelle distese desertiche del Niger, per un’azione eclatante.
Per questa ragione il rally viene momentaneamente sospeso, in attesa di sviluppi.
Una cosa di questo tipo non era mai accaduta, noi siamo increduli e frastornati. Eseguiamo comunque la solita routine del pilota senza assistenza, che consiste, una volta arrivato al bivacco, nel cercare i due aerei cargo della Elf.
Questi hanno il compito di trasportare da una tappa all’altra una cassa metallica e due ruote complete, tutto ciò che è concesso avere compreso nel l’iscrizione.
Una volta individuata la propria cassa (e non è sempre facile trovarla tra le più di cento presenti), si monta la tenda, ci si tolgono i vestiti da gara umidi e li si mettono ad asciugare.
Come si può immaginare lo spazio all’interno della cassa è limitato, considerando che deve contenere tenda, sacco a pelo, materassino e un set completo di vestiti da indossare al bivacco. A questi vanno aggiunti gli attrezzi per la manutenzione della moto e le parti di ricambio che si riescono ad infilare.
Io avevo una cassetta di legno che in origine era parte di un mobile Ikea, rinforzata con delle piastre di alluminio. All’interno mettevo i ricambi e, all’occorrenza, la cassetta poteva fare da supporto per sollevare la moto.
Ma torniamo all’edizione 2000.
Il giorno seguente lo stop ci organizziamo per fare la manutenzione prevista per la giornata di riposo, quindi cambio olio, lavaggio e preparazione dei filtri aria che serviranno per la seconda parte della gara, sostituzione pneumatici.
Questo servizio in realtà viene svolto gratuitamente dall’equipe Euromaster, è sufficiente fare avere loro la ruota completa e il pneumatico nuovo.
In serata ci viene comunicato che verrà predisposto un ponte aereo che trasferirà tutti i mezzi della carovana da Niamey a Sabha, in Libia, da dove la gara riprenderà.
Ora provate ad immaginare cosa voglia dire trasportare a più di 1000 km un centinaio di moto, altrettante auto, ma soprattutto più di cento camion e anche 7 o 8 elicotteri!
Si occuperanno di tutto due giganteschi Antonov 124-100 e vi assicuro che era uno spettacolo vederli decollare a pieno carico.
Il ponte aereo richiederà alcuni giorni e alla fine lo stop sarà di 5 giorni. Tanti, e sufficienti a recuperare tutte le energie e a rimettere in efficienza i veicoli; cosicché alla ripartenza si sarebbe ricominciato tutto da capo.
Dopo due o tre giorni di campeggio forzato ai margini della pista dell’aeroporto, notiamo che ci sono sempre meno concorrenti accampati come noi. Ma dove sono andati tutti? In hotel, i furboni!
In breve ci uniamo a loro e ci trasferiamo in un grande hotel in centro città.
Il detto “chi tardi arriva male alloggia”, in questo caso non corrisponde al vero; riusciamo a sistemarci tutti e cinque in una grande suite all’ultimo piano. Non male per essere alla Dakar! 🙂
Il giorno seguente, visto che il carico dei mezzi e dei materiali sugli aerei viene gestito dagli organizzatori, ci permettiamo anche una gita in piroga sul fiume Niger. Uno spettacolo! Riusciamo a vedere gli ippopotami nel loro ambiente naturale e a visitare un villaggio fatto di capanne.
Ma la pacchia sta per finire; il mattino successivo ci imbarchiamo tutti su un 737 destinazione Libia, dove ci attendono temperature decisamente meno gradevoli
Ma prima di salire sull’aereo, un episodio di quelli che succedono solo in Africa: per qualche strana ragione il velivolo è parcheggiato fuori dalla pista, su una superficie di terra; l’equipaggio ci fa sapere che lì non possono accedere i motori, ragione per cui ci chiedono di spingere letteralmente l’aereo per riportarlo sulla pista! Robe da matti …
Le tappe in Libia ed Egitto furono relativamente semplici, nel senso che erano si lunghe ma scorrevoli, quindi si riusciva a viaggiare a medie elevate.
In compenso i luoghi e i paesaggi che incontravamo erano fantastici: tratti di centinaia di km in fuori pista, ascesa del vulcano Wan Namous con controllo timbro proprio sulla sommità, dune maestose!
L’unico problema, il freddo. Infatti avvicinandoci sempre di più al Cairo, e quindi puntando a nord-est, la temperatura andava via via scendendo, soprattutto al mattino.
Noi peones, non potendo contare su mezzi di assistenza, non potevamo permetterci di avere al seguito capi tecnici adatti.
Quindi la sera, prima di chiuderci nelle tende, vagavamo per il bivacco in cerca di materiali tipo cartone, teli in plastica o cose simili, allo scopo di costruirci dei paramani improvvisati (tipo quelli che si vedono sugli scooter d’inverno), che ci potessero salvare le mani dal congelamento!
La strategia era quella di fare il trasferimento verso la prova speciale, sempre su asfalto e spesso lungo, con le protezioni auto costruite; quindi smontarle dalla moto e abbandonarle presso il punto di controllo a inizio speciale. Ovviamente non erano trasportabili e quindi la sera successiva bisognava ricominciare daccapo
Entrati in Egitto la gestione dei pasti passò sotto il controllo di una società locale, mentre solitamente questo compito viene svolto da un gruppo francese che porta tutto dall’Europa, ad esclusione di pane e acqua.
Il mio apparato digerente manifestò subito tutto il suo disappunto per questo cambio di gestione, rendendomi la vita difficile per un paio di giorni. Doversi fermare anche 5 o 6 volte in speciale, in preda ad improvvisi attacchi di dissenteria, non è una cosa proprio simpatica …
Piccolo aneddoto: quel giorno Nani Roma, in testa alla gara fino al giorno prima, partiva diverse posizioni dopo di me avendo rotto il motore il giorno prima.
Io, accovacciato a fianco della moto in una spianata enorme senza nessun tipo di ostacolo o asperità, intento a far fronte ad uno dei suddetti attacchi, sento arrivare in lontananza una moto a gas completamente spalancato.
Ovviamente era Nani. Mi vede, si ferma e fa: “todo bien?”
Io lo guardo: “mica tanto, comunque grazie per esserti fermato!”
Un grande!!! 🙂
Comunque, a parte questi problemi tutto sommato non gravi, la mia gara scorre via senza guai; in breve mi trovo sulla spianata di Giza per il palco di arrivo insieme agli amici con cui ho condiviso le ultime 3 settimane. Incredibilmente siamo arrivati tutti alla fine, pur con Bubix fuori classifica per una serie infinita di guai alla sua moto.
Sicuramente l’edizione del 2000 non viene ricordata come una delle più dure Dakar, soprattutto per l’interruzione di 5 giorni, ma salire sul podio finale e vedersi consegnare la medaglia riservata ai “finisher” è un’emozione davvero difficile da descrivere.
Dei circa 210 bikers partiti, 107 raggiungono Il Cairo, io sono 59° con 15’ di penalità a causa della perdita della tabella di marcia in una tappa. Mi classifico inoltre al terzo posto della categoria Marathon fino a 400 cc., cioè la categoria riservata a chi, nel corso della gara, non sostituisce parti vitali della moto, quali motore, sospensioni, ecc…
Anche nella seconda parte di gara riesco a mantenere il record di zero cadute; la moto rientrerà in Italia praticamente perfetta, missione compiuta!!!
Il gruppo dei cinque rimane compatto anche nei due giorni che ci servono a organizzare il rientro a casa; infatti, per scaramanzia, non avevamo acquistato il biglietto aereo di ritorno. Cosicchè facciamo conoscenza col traffico davvero incredibile della capitale egiziana, dove la regola è: affrontare gli incroci e le rotonde come se non ci fosse un domani!
In pratica si suona il clacson e ci si butta dentro, sperando nella buona sorte …
Incredibilmente anche chi guida i mezzi più indifesi, come moto e ciclomotori, adotta lo stesso stile di guida e ancora più incredibilmente quasi sempre va tutto bene!
La variante serale prevede l’uso degli abbaglianti al posto del clacson … un caos …
Il rischio più grosso dalla partenza di Dakar lo corro, insieme ai miei quattro compagni di avventura, in un taxi diretto all’aeroporto: è sera, per accompagnare i viaggiatori alla zona partenze i taxisti devono pagare una sorta di pedaggio, con casello tipo autostrada; il nostro autista, pur di non pagare, si inventa la manovra del secolo, spegne le luci e si infila contromano nella corsia destinata a chi lascia la zona partenze!!!
Testo e foto di Francesco Tarricone