Angelo Cavandoli 30° alla Dakar 1991

La tragedia di Marinoni

La Parigi Dakar rimane una competizione durissima e raggiungere Dakar è una sfida con se stessi contro alla fatica. Ricordiamo la storia di un indimenticato eroe del motociclismo, Gianpaolo Marinoni, che alla sua seconda P-D nel 1986, gli fu fatale. Ad appena 40 km dal traguardo, durante la prova speciale conclusiva sulla riva del lago Rosa, incappò in una caduta, dalle conseguente apparentemente innocue.

Marinoni immediatamente risalì in sella alla sua Cagiva e nonostante tutto riuscì a tagliare il traguardo in tredicesima posizione. Era comunque un ottimo piazzamento, considerati l’elevato numero dei concorrenti, l’eccezionale selettività della gara e l’enorme percentuale di ritiri.

La sera stessa, però accusò un serio malessere, tanto da essere ricoverato all’ospedale di Dakar, dove i medici si accorsero che il forte trauma gli aveva causato gravi lesioni al fegato. Fu operato d’urgenza, ma si spense due giorni dopo, in seguito ad una grave infezione subentrata.

Yamaha YZE 750 1991

Per Stéphane Peterhansel il 1991 segna l’inizio della consacrazione. L’alba di una lunga serie di successi che lo porterà a diventare il pilota con più vittorie alla Parigi Dakar. Quell’anno la Yamaha gli mette sotto la sella una autentico bolide, la YZE 750 T OWC5, un bicilindrico da 800 cc erogante 75 cv con un peso a secco di 185 kg., modello che ha gettato le basi per le successive vittorie del pilota francese.

 

Suzuki DR 800 BIG 1988

Gaston Rahier sulla Suzuki Big 800 Marlboro alla Parigi Dakar 1988, dove si classificò al 9° posto dietro a Findanno.

Cagiva Elefant 900 1990

Siamo alla Partenza della Parigi Dakar 1990 e Edi Orioli si presenta al via con una nuova Cagiva che sembra da subito nata sotto un’ottima stella. Peterhansel è messo fuori corsa nel Ténéré, Neveu squalificato, Lalay cade. Le Cagiva di Edi Orioli e di Alessandro “Ciro” De Petri imperversano nelle tappe desertiche e prendono il volo. Orioli passa in testa a Ghat e consolida definitivamente il suo vantaggio con la tappa di Agadez che ha attraversato tutto il Ténéré. Per il friulano è il secondo successo, dopo quello con la Honda nel 1988, ed è anche la prima vittoria della Cagiva dopo sei partecipazioni.

Edi Orioli 1988, il campione

Si arriva, dunque, alla Dakar del 1988, l’edizione del decennale. Hubert Auriol, in seguito all’incidente dell’anno precedente, decide di correre in auto. Per la prima volta, dopo dieci partecipazioni, Cyril Neveu è costretto al ritiro. Per la prima volta, con una Yamaha, c’è Stéphane Peterhansel. Yamaha e Honda schierano ciascuna due squadre ufficiali, ed entrambi i colossi dell’industria motociclistica giapponese sono rappresentati da un team italiano. Al termine di una “pirotecnica bagarre” iniziale la Dakar dei record, delle tempeste di sabbia e della Peugeot di Ari Vatanen sparita nottetempo dal bivacco, si accende del duello tutto italiano tra Franco Picco ed Edi Orioli. Picco corre con la monocilindrica del team di Papi, mentre per Orioli la fiducia totale di Ormeni nella sua “scoperta” si traduce nel diritto a guidàre l’unica Honda NXR assegnata al team italiano. La battaglia tra il veneto e il friulano non ha nulla da invidiare all’epico scontro dell’anno precedente che vide protagonisti Auriol e Neveu, e finisce per tenere tutti gli italiani con il fiato sospeso. La Dakar entra prepotentemente nell’immaginario comune, sottrae “esperti opinionisti” al calcio.

Fino ad Arlit, Picco ha vinto due speciali ed è in testa alla corsa. Ma Edi Orioli si aggiudica la prova speciale di Agadez e, finalmente, scavalca l’avversario vincendo, con una mossa d’astuzia, quella successiva, a Tessalit. In questo acceso duello Orioli mette proficuamente a nudo tutto il suo potenziale di tecnica e di talento. Per lui è ancora più importante, basilare, non commettere il minimo errore, restare sempre perfettamente concentrati. Quello che si guadagna con una tappa perfetta è nulla in confronto a quello che si riesce a perdere con un solo sbaglio, una caduta, un errore di navigazione nell’arco di venti giorni. Alla Dakar bisogna saper prendere decisioni rapidissime quando è necessario, ed essere capaci di giocare d’astuzia quando se ne presenta l’opportunità. Ed è proprio M questa occasione che Orioli gioca magistralmente la sua prima carta vincente. l 22 gennaio, sulla spiaggia del Lago Rosa, la Dakar lo incorona vincitore. Per la prima volta si tratta di un italiano. La magia di quella vittoria dilaga e Orioli viene consacrato nel duplice ruolo di campione e personaggio. Al suo rientro in Italia il Campione è accolto come una star e per mesi e mesi è lui l’atleta più invocato dai media, da giornali e TV.

Testo Piero Batini

 

 

Cagiva Ligier 750 1985

La Cagiva debutta alla sua prima Parigi Dakar nel 1985 con questa Ligier 750 che montava motore Ducati Pantah da 748 cm³, alimentazione: Dell’Orto PHM 40 che erogava una potenza di circa 70 cv e la spingeva a una velocità di circa 175km/h. Piloti: Hubert Auriol – Racing, Giampaolo Marinoni e Gilles Picard.

foto di Alessandro Casnedi

http://sassao.altervista.org

Honda XL 600 1984

La Honda si presenta molto agguerrita alla partenza della Parigi Dakar 1984, la nuova versione della XLR monta un motore leggermente aumentato nella cilindrata e portato a 630 cc che sviluppa una potenza di circa 46 CV pure peso di circa 145 kg. Si tratta forse di una delle moto meglio preparate, in quanto Honda France ha lavorato a strettissimo contatto con la Casa Madre.

Beppe Gualini Dakar 1984

Quando i privati erano pionieri. Taniche fissate con elastici sella imbottita e tabella porta numero rivettata sul portapacchi. Beppe Gualini su Honda XL 600R alla partenza del 1984.
Arrivò regolarmente al traguardo di Dakar classificandosi al 45° posto.

Progetto Ecureuil ERS 1000

Nel 1987 si presenta al via una moto dal progetto estremamente interessante, la Ecureuil 1000 ERS ideata nel 1986 da Joel Guilet (a suo tempo pilota Bol d’Or Ducati) su iniziativa del giornalista e driver Pierre-Marie Poli.
Dotata di BMW motore boxer raffreddato ad aria 1020 cc, 80 cv / 6500 giri / min (preparazione del motore fatto da Arcueil Motor).

Serbatoio 64 litri realizzata in gomma morbida,
Peso a secco 170 kg a secco e 250 kg con il pieno,
Velocità 195 km/h.

L’originalità del ERS 1000 risiedeva nel suo telaio modulare e carbonio tutto smontabile molto rapidamente, in soli sei minuti si accedeva al motore e alla trasmissione. Questa funzionalità permetteva la possibilità di modificare la distribuzione del peso e di variare l’interasse. Il progetto verà portato alla Parigi Dakar anche nel 1988 e 1989.