Lisbona: da qui parte la mia Dakar 2007 by Carlo Alberto Migliazza

Sono arrivato in aereo, con Ada e Antonella, il primo gennaio, per passare qualche giorno in loro compagnia e visitare la città, ed il giorno 5 è arrivato il camion con le moto e sono arrivati anche Massimo Chinaglia e Paolo Turci con famiglia. Ci siamo trovati al porto, nello spazio appositamente destinato allo scarico dei mezzi. In tale occasione faccio conoscenza con Ronconi, accompagnato dal grande Franco Picco, e con Muratori. Incontro anche Lorenzo Buratti, già conosciuto in occasione del Faraoni 2003.
Scaricate le moto, si prepara la cassa e si sistema il resto del bagaglio da portare in hotel. La mia cassa al peso è di 50,80 Kg.(limite 50 kg.) ma mi danno l’ok per il carico. Consegno anche le due ruote. Ultimi controlli della moto e poi qualche foto ricordo del “trio”.
Ricaricate le moto sul camion si torna in hotel. Il giorno 5 ci troviamo molto presto per scaricarle e prepararle per le verifiche. Ci presentiamo al cancello di entrata. Davanti a noi alcune moto di americani. La prima considerazione che ci viene in mente è che hanno speso più di noi già solo con il viaggio di avvicinamento a Lisbona!! Poi entriamo, parcheggiamo la moto sulla sinistra del piazzale, lungo il muro di cinta. Accediamo al capannone delle verifiche amministrative.

Mi accompagna anche Ugo, un amico di Vigevano che con entusiasmo mi ha voluto seguire fin qui: commovente. Io e Bubix passiamo insieme tutti gli stand e facciamo timbrare la ns. fiche: licenza FMI, documenti personali e moto, gps, sentinel, balise, medici, telepass autostrada, foto, ecc.ecc. Impieghiamo circa due ore.
Alla fine io rientro e chiedo di avere due pass, per Ada e Antonella. Le chiamo, quindi, al telefono, e mando Ugo a portare loro i pass. Dopo qualche minuto eccole al mio fianco, mentre inizio le verifiche tecniche. Si comincia con la strumentazione di navigazione.

Una antenna gps non funziona!! Poi il tecnico scopre che è colpa della prolunga. Torno allo stand della ERTF e ne acquisto una. Inoltre c’è un corto circuito provocato da qualche cosa. Ancora una antenna che ha una parte del cavo scoperto.

Basta un po’ di nastro e tutto è risolto. Resta ancora un piccolo problema: la batteria tampone del gps ha un filo staccato. Posso comunque sistemarlo in seguito. Il tecnico del Sentinel mi verifica il montaggio ed il funzionamento del sistema e lo approva. Si passa ora alle verifiche tecniche. Ada e Antonella mi seguono. La piccola mi sta sempre vicino e fa molte domande. Non a tutte do risposta, concentrato a vivere tutti i momenti di questa avventura. Comunque Ada si dimostra felice ed eccitata. E anche Antonella mi sembra a suo agio. Io mi sento bene, sono tranquillo e mi sto godendo questo “sogno” ad occhi aperti, ed averle al mio fianco è molto importante.
Si fa avanti Valeria Arnoldi, della Acerbis, partner italiano della ASO, e molto gentilmente chiede se abbiamo bisogno di qualche cosa o se va tutto bene. Poi viene a salutarci anche Franco Acerbis che ci raccomanda di andare forte…piano. Entriamo nel capannone. Prima cosa, adesivi con numero!
Ora sono proprio alla Dakar! Poi consegno ad un incaricato la giacca per l’apposizione del pettorale. Mi avvio, intanto, dal Commissario Ferretti. Veloce, controlla il dovuto.
Nessun problema. Faccio vistare il casco, due per l’esattezza. Ho timore che quello nuovo mi faccia male e così ne ho portato uno di scorta. Alla fine c’è lo stand della Elf e della Loctite, poi si esce per la foto con la moto e quindi si lascia la zona verifiche per portare il mezzo al parco chiuso.
Il tragitto è obbligato e si deve passare su un piccolo podio, simile a quello di partenza, dove ci si deve fermare e lo speaker annuncia il tuo nome, nazionalità e moto. Quindi si mette la moto in parco chiuso, ricavato in un giardino della zona.
La folla ti guarda come se fossi un grande campione!! Ci riuniamo tutti e tre nei giardini, con le famiglie, e quando il gruppo è completo ci avviamo verso una pasticceria per una merenda rilassatrice. Poi noi piloti torniamo in hotel per riposare, mentre le famiglie proseguono la visita della città.
In hotel sistemo tutta la documentazione che mi è stata consegnata ed anche l’abbigliamento per il giorno dopo. Poi un breve pisolino e quindi esco con Lorenzo, che alloggia nel mio stesso hotel (Real Parque), per andare al “El Corte Ingles”, centro commerciale, ad acquistare le ultime cose. Oltre a qualche biscotto per la colazione del giorno dopo, acquisto uno specchietto, che mi mancava nella dotazione di sicurezza, e una memoria SD per la macchina fotografica.
Prima di cena si va ancora a Belem per il briefing pre-gara. Parla Etienne Lavigne e poi prosegue David Castera. Briefing generale e di benvenuto. Una presentazione, più che altro. Bei filmati. Castera dice che la tappa di domani presenta una speciale molto difficile e dura, molto più dura di quella dell’anno precedente. Si comincia bene.
In serata ceniamo tutti insieme in un ristorante del centro. A letto presto, domani ci si deve alzare alle cinque.
TAPPA 1 – LISBOA – PORTIMAO
KM.: TRASF. 115 – SS 117 – TRASF. 260

799Quando suona la sveglia salto subito giù dal letto: è il gran giorno!!
Ada e Antonella dormono; io mi preparo cercando di non svegliarle. Ritorno con la mente alle altre volte nelle quali, in Egitto, mi preparavo, in hotel, alla partenza del primo giorno. Ora la gara è decisamente più importante, è la più importante. Un bacio alle mie donne e poi giù in reception. Insieme e Lorenzo Buratti prendiamo un taxi ed andiamo all’hotel di Bubix Chinaglia e Paolo Turci. Ci incontriamo con i ragazzi del camion ai quali lasciamo la nostra borsa dell’abbigliamento che deve tornare in Italia. Quindi andiamo verso la zona di Belem, alla partenza.
Vi arriviamo verso le 5,30 e la folla già riempie ogni zona. Facciamo colazione in un bar e la gente ci ammira e ci rimira: per loro ogni pilota, soprattutto moto, è un idolo.
Un paio di foto e ce ne andiamo verso il parco chiuso anche se ancora non vi si può accedere. Arrivano anche Paolo e Bubix.
Telefono ad Antonella perché la folla sta crescendo e ho timore che non riusciamo ad incontrarci e che non trovi posto per assistere alla partenza. Eccole che arrivano: un grande abbraccio a tutte e due.

All’ora prevista si entra al parco chiuso. Emozione. La mia moto. Ciao bella.
 Andiamo. In coda per uscire dal parco ed andare verso il podio di partenza. E’ ancora buio ed i giochi di luce sul palazzo che fa da sfondo sono molto suggestivi anche per noi.

Lo speaker annuncia i nomi dei partenti a gran voce. La folla acclama. Ci mettiamo in coda davanti alla salita al podio. Finalmente è il nostro turno. Saliamo tutti e tre, il Team al completo. Grande emozione. Un momento tanto sognato. Stretta di mano con i rappresentanti della ASO e si parte. Scendo dal podio e cerco con lo sguardo le mie donne. Eccole! Ma sono dall’altra parte della strada. Mi salutano. Io non posso fermarmi. Temo di scivolare sull’asfalto viscido ed inoltre gli altri sono andati avanti. Le saluto e mando loro grandi baci! Vado.
Ali di folla lungo tutte le strade della città, sui ponti, all’entrata della autostrada. Sopra ogni
ponte ci sono persone che ci salutano. Eccezionale la passione per questa gara qui in Portogallo. Dopo 115 km. Io e Bubix arriviamo allo start della speciale. C’è moltissima umidità. Arriviamo con un paio di minuti di ritardo e quindi entriamo direttamente in prova speciale. Ci avevano detto che tale prova sarebbe stata dura, ma dura così proprio io non me la aspettavo! Sapevo che l’inizio era sabbioso, ma confidavo nella terra dura, dopo qualche chilometro. Invece i chilometri passavano e si continuava a guidare ed a faticare in un sabbione nero infernale. Un vero incubo!

Digital Camera

Digital Camera

Due moto ogni 30 secondi. La pista è affollata. Trovo Bubix fermo con la moto spenta. Mi fa segno di andare. Poi mi passa Paolo. Il fondo è pesante e difficile: preferirei avere cordoni di dune da passare che questo terreno infido. Devo percorrere 117 km.!! Dopo soli 5 km. appoggio il piede destro e “trac” grande colpo e rottura certa del legamento crociato. Bene, se stasera si gonfia vado a casa domattina. Ci voleva proprio. Da lì in poi ogni volta che appoggio il piede destro sento tutto muoversi ed accuso distorsioni al ginocchio. E quindi tutto si fa più difficile. Il percorso è completamente sabbioso ed è tutto contornato dal pubblico, migliaia di appassionati che hanno dormito lì per assistere al ns. passaggio.
Devo tenere duro e arrivare in Africa e poi tutto cambierà. Lentamente, molto lentamente, i km passano e mi avvicino alla fine della speciale. In certi momenti vorrei ritirarmi. Sembra impossibile arrivare in fondo. Poi mi avvicino ad un concorrente che è caduto: Ennio Cucurachi! Se lui, che ha corso un mare di Dakar e ne ha anche portate a termine alcune, ha gli stessi miei problemi, allora vuol dire che è veramente dura! Riprendo fiducia e proseguo verso fine tappa.

Appena passato l’arrivo mi fermo a prendere fiato ed a riposare un po’. Rifletto. Sono un po’ abbattuto. Pensavo ad un inizio meno traumatico. Entro in autostrada e mi fermo al primo distributore. Faccio il pieno e chiamo Bubix. E’ già a Portimao! Ci sono 260 km. Via. Arrivo verso il tramonto. Trovo Massimo alla zona “casse moto”. Due chiacchiere sulla tappa dura. Dice che è stata tale anche per lui. Mi consolo. Ho già un piccolo problema: si è tranciato il punto di attacco, sul telaio, del paramotore. Sistemo il tutto con una strop ed alcune fascette. Poi due sistematine alla moto e mi cambio per andare in hotel. Si va a cena con Paolo, Bubix e Lorenzo. Il mio ginocchio non si è gonfiato, Meno male. Faccio alcuni esercizi di isometrica per tonificare il muscolo. Chiamo casa. Le mie donne sono entusiaste. Anche io, a parte tutto. Sono alla Dakar, non mi sembra vero. Dopo una buona cena andiamo a nanna. Domani ancora tanti km. Ma la speciale dovrebbe essere di tipo più “europeo”. Speriamo.

TAPPA 2 – PORTIMAO – MALAGA
KM.: TRASF. 15 – SS 67 – TRASF. 425

Sveglia, colazione e recupero l’abbigliamento moto, che era sul camion, trovandolo, purtroppo, ancora abbondantemente umido. Nel cassone non si è asciugato nulla, pazienza.
Ci facciamo portare dal camion al parco chiuso e convengo con l’autista che mi aspetti al primo distributore dopo il via del trasferimento, per cambiare la ruota posteriore. Voglio installare addirittura il Desert, visto che ora ho un Michelin Baja, per non rischiare di non incontrare più il camion e dovermi fare le tappe marocchine con un pneumatico inadatto. Vado alla moto, e scambio due parole con i Tilliette e con Cucurachi.
800Parto dal podio di Portimao verso le 8,30. Percorro una rotonda, arrivo alla prima curva a destra, mi accorgo che la curva è all’ombra ed è bagnata… non sarà scivolosa? “Patatrac” scivolata incredibile!! Non ero mai caduto su asfalto! Mi rialzo, nulla di rotto, tranne i pantaloni. La moto è dall’altro lato della strada. Chiamo ragazzi che stanno passando e mi faccio aiutare a sollevare il bolide. Un rapido sguardo al tutto. C’è solo qualche piallata al paracoppa ma niente che non vada. Meno male! Sono un po’ scosso. Avevo bisogno di riprendere fiducia con la moto e con me stesso e questo non è il modo migliore… Riparto verso l’appuntamento per il cambio gomme. Arrivo al primo distributore ma del camion neppure l’ombra. Aspetto dieci minuti e poi decido di ripartire.
Al secondo distributore ecco il camion: non avevano trovato spazio per sostare al primo!!! Cambio in un attimo la ruota e via, verso la speciale.
Ore 9.30 – Parto per la mia seconda speciale alla Dakar. Questa si rivela subito con caratteristiche europee, direi tipo “Sardegna”. Avevo proprio bisogno di un terreno così, che mi permettesse di riprendere il giusto feeling. Bel percorso: salite e discese, guadi e strade sterrate, curve cieche e tornanti.
Uno dei guadi è veramente profondo. La moto si impunta un po’, ma non si ferma. Meno male. Invece Bubix rimane fermo a metà, perché il Gilera si spegne.
Dopo ca. 67 km piacevoli ecco il traguardo. Sono felice. E’ andata bene, ho ripreso la giusta sensazione di guida. Il vincitore di tappa, Rodrigues, ha impiegato 1h02min, io 1h30min. Considerando che ho usato tutta la prudenza possibile per non fare cavolate compromettenti, va più che bene. Entro in autostrada e mi fermo alla prima stazione di servizio. Mi ritrovo con Bubix, Paolo e Lorenzo. Mangiamo qualche cosa, facciamo il pieno e ci prepariamo. Abbiamo da percorrere ca. 425 km. per arrivare al porto di Malaga ed imbarcarci per il Marocco.
Stiamo preparandoci quando… Paolo va! Non lo riprenderemo più fino al porto di Malaga. Noi tre, invece, viaggiamo insieme. Facciamo un paio di soste, per il carburante. I ponti della autostrada sono stracolmi di gente che ci saluta! E’ veramente una situazione unica da vivere. Anche nelle stazioni di servizio veniamo attorniati da appassionati che chiedono di fare una foto, oppure di potersi far fotografare vicino alla moto. Finalmente arriviamo a Malaga. Al primo
distributore ci fermiamo e laviamo la moto, aspettando Paolo e gli altri. Quando arrivano ci dicono che ci aspettavano alla stazione precedente, l’ultima della autostrada! Bubix cambia la ruota posteriore e poi ci avviamo verso il porto.
UN MARE DI FOLLA CI ASPETTA!!! Sembra di essere al Tour de France! Passiamo al minimo, tra la gente, per km e km. Ci chiedono foto, autografi e perfino di toccare i bambini! Hei, penso, non sono mica il Papa! Ho pagato per correre! Sensazione unica e bellissima che mi rimarrà per sempre. Entriamo al porto e ci fermiamo al controllo passaporti. Trovo Walter Fortichiari, della Acerbis, che mi da alcune indicazioni sul da farsi. Ci vengono offerti prodotti tipici spagnoli e poi ci si mette in coda per salire sul traghetto. L’attesa è un po’ lunga, ma finalmente si sale.
Siamo in cabina io, Bubix e Paolo. Molto bene. Bello ritrovarsi a bordo del traghetto nel quale tutti sono piloti o assistenze! Doccia, cena, timbro passaporto (coda…) e… nanna.
Domani si sbarca in Africa! Era ora. Inizia la vera Dakar.

TAPPA 3 – NADOR – ER RACHIDIA
KM.: TRASF. 205 – SS 252 – TRASF. 191

Sveglia presto, alle 6.43 parte il mio trasferimento. Appena sceso dal traghetto mi accorgo che ho l’anabbagliante ed i due faretti supplementari posteriori bruciati. Devo subito provvedere altrimenti vedo poco ed inoltre rischio non mi facciano partire per la speciale. In più il paracoppa si è crepato e da una parte perde acqua. Me ne procuro una bottiglia per riempirlo poco prima del via della speciale così, in caso di controllo da parte dei Commissari, risulta pieno. Verso la fine del trasferimento si entra in un villaggio per fare benzina. Al primo distributore c’è coda quindi decido di cercarne un altro. Il successivo ha solo benzina normale, vado avanti e ne trovo uno con la super. Siamo in quattro o cinque, tra i quali vi sono i Tilliette, padre e figlia. Ritorno al primo distributore e faccio segno a Paolo di andare al successivo, poi via, verso la fine del trasferimento. Arrivo con anticipo e mi fermo un po’ in disparte. Controllo l’acqua nel paracoppa: effettivamente l’ho persa tutta. Speriamo non mi serva veramente. Inserisco quella della bottiglia che mi sono procurato. Provo anche a stuccare la crepa. Vedremo stasera se ha tenuto. Sono un po’ teso. E’ la partenza della prima vera tappa della Dakar, in Africa. Lo start viene dato su una strada sterrata e pietrosa in salita.
801Si avvicina il momento del mio via, alle ore 10.18. Finalmente tocca a me, assieme all’americano Kay. La pista è tortuosa e in salita.
Molti sassi anche grossi. Al km. 4.65, in una curva a sinistra, scivolo stupidamente e la moto mi cade sulla mia sinistra, non prima di aver dato una grossa sbandata a destra, con relativa forte distorsione al ginocchio già malconcio. Dolore fisico. Mi fermo un minuto, faccio segno a chi sopraggiunge che sono in mezzo alla pista e poi rialzo la moto. Arretro verso lo slargo della curva e metto la moto sul cavalletto. Ho rotto la leva del cambio. Giù le chiavi e cambiare. Si comincia subito bene. Dopo una decina di minuti riparto, ma nel frattempo mi hanno passato tutti i concorrenti moto partiti dopo di me. Al km. 6.28 esco su un altopiano e vedo che tutti quelli avanti a me, dei quali posso vedere la polvere, vanno verso sinistra. Secondo me è sbagliato ma decido di fare qualche chilometro per esserne sicuro. Dopo sette o otto km sto correndo al fianco di un inglese, Dickinson, partito circa 15 minuti prima di me. L’ho già ripreso!! Allora qualcuno riesco a lasciarlo indietro!! Decido che è la strada sbagliata e lo faccio capire all’inglese che è d’accordo con me. Torniamo indietro e troviamo la pista giusta. Abbiamo percorso una quindicina di km in più e perso almeno quindici minuti. Dopo un po’ arrivano le auto! Di già?!?! La prima parte mezz’ora dopo l’ultima moto. Il percorso è bello, largo, non troppo pietroso, abbastanza “roulant”.
Ad un certo punto scorgo una moto ferma… E’ BUBIX!! Ha perso acqua da un manicotto del radiatore e il motore fuma abbondantemente. Estraggo la mia tanichetta pieghevole e la cannuccia e cavo l’acqua dal paracoppa, circa 1,5 lt. per rabboccare il Gilera. Si riparte. Nel frattempo ci passano un tot di moto… peccato. Molti oued. Alcuni anche molto accidentati e “cementati” per permettere il passaggio. In vista del CP1 rifornimento ( Km. 113 della speciale) ritrovo ancora fermo Bubix ( che nel frattempo mi aveva … perso) che ha rotto la specula dell’olio oltre al tappo del serbatoio olio. Pensiamo un attimo come risolvere e poi lui decide di utilizzare uno straccetto con dello sterco come tappo. Arriviamo insieme al CP1, facciamo rifornimento ed inseriamo la seconda parte del road book. Arriva anche Barbezant, con la sua 125. Ha rotto il motore e si deve ritirare. Io timbro alle 13.29 e Bubix alle 13.31 ( partito alle 10.09).

Ho percorso i 113 km. in 3h21min. !! Considerato che ho perso tempo per 1) sostituzione pedale cambio – 7/8 min. 2) pista sbagliata 12/13 min. 3) prima sosta con Bubix 9/10 min. 4) seconda sosta con Bubix 7/8 min. TOTALE: 36/39 min. – Tempo stimato senza soste: 2h45 minuti circa.

Ripartiamo. Ci sono ancora da percorrere circa 140 km. Il percorso rallenta e peggiora parecchio. Bubix va avanti. Io vado tranquillo. Voglio arrivare a fine tappa senza ulteriori problemi. La luce inizia a calare. Faccio due conti e … purtroppo capisco che arriverò col buio. Già alla prima tappa! Speriamo che i fari facciano una buona luce, sarà una prima verifica. La luce che si abbassa all’orizzonte, proprio davanti a me, mi impedisce di vedere bene e devo rallentare ulteriormente. Sono ormai a pochi km dall’arrivo, forse una decina, ed ecco ancora Bubix fermo, sulla sinistra della pista. Mi fa cenno di proseguire e si dice certo di poter finire la speciale. Bene. Ancora qualche km. e, finalmente, appare il lampeggiante di fine tappa. Gli ultimi km li percorro al buio, con la luce riflessa, ma è meglio che non con la luce diretta, che mi accecava. Passo l’arrivo e mi fermo per aspettare Bubix.
Io finisco alle 17.33, con un tempo di 7h15min. Bubix arriva alle 17.40 con un tempo di 7h31 min.
Smontiamo il serbatoio del Gilera e nastriamo il manicotto che perde acqua. Poi ci prepariamo e partiamo per 190 km. di trasferimento su asfalto, per raggiungere Er Rachidia.
Viaggiamo veloci a 120 kmh. I fari vanno bene, per fortuna. Dopo circa 2h30 arriviamo all’aeroporto della città di Er Rachidia. Facciamo benzina, piazziamo la moto, piantiamo la tenda, ci cambiamo ed andiamo a cena. Al bivacco della Dakar, che è veramente immenso, si mangia molto bene. Bubix (già 3 Dakar alle spalle!) mi guida alla scoperta del bivacco. Dopo cena facciamo manutenzione ai mezzi.
E’ la terza tappa e decido di cambiare l’olio. Qualche altra cosuccia da fare e poi do una mano a Bubix. Quindi, finalmente, a nanna.

TAPPA 4 – ER RACHIDIA – OUARZAZATE (FOUM ZGUID per le moto)
KM.: TRASF. 96 – SS 405 – TRASF. 178 (solo per auto e camion) – TAPPA MARATHON

La tappa di oggi è marathon. Non ci sarà neppure l’aereo e quindi niente casse. Occorre fare molta attenzione. A fine tappa non avremo attrezzi e ricambi.
La partenza della mia “liaison” è fissata alle 6.58.30- Quella di Bubix 30 secondi dopo. Al via i Commissari danno una “pennellata” di arancio ai mozzi, per poter controllare che nessuno cambi le ruote. Dopo 96 km. Di trasferimento prendo il via per la prova speciale alle 8.33.30.
Fino al CP1, Km. 230, posto di rifornimento, la pista è varia, a volte veloce e larga a volte stretta e sassosa. Timbro alle ore 13.37. Turci alle 13.24 e Bubix alle 13.36.
Quindi tutti in un fazzoletto. Poi ancora una buona pista, con piccole dune, fino al km. 296. Qui inizia un erg. 15 km. Fino al CP2, posto nelle dune, e poi altri 5 km. Sembrava un erg da poco ma, già all’entrata, si capiva che non era così. Vi erano auto e moto ferme un po’ ovunque. Auto che fumavano nero, moto insabbiate con piloti spossati. Ho rivisto scene guardate tante volte nei DVD di precedenti Dakar! Ora ero lì anche io e dovevo cavarmela.
802All’entrata dell’erg arrivo mentre Bubix si insabbia. Mi fa segno di proseguire. Nel contempo arriva anche Paolo e si insabbia pure lui. Io passo largo a sinistra, vado per un po’, ma poi… anche io resto piantato! Ci diamo una mano a vicenda. Qualche minuto e riparto. Proseguo e passo alcune dune di seguito.
Sono felice. Sto guidando bene. Faccio attenzione per passare fuori dalle tracce, in modo da trovare terreno più portante. Ad un certo punto mi pianto quasi alla sommità di una dunetta. Viene ad aiutarmi un tedesco che ha rotto il motore proprio lì. Proseguo bene fino a quando le dune si avvicinano tra loro in modo incredibile. Cado e la moto si mette in una posizione pessima, con le ruote a monte. C’è un altro motociclista fermo sulla duna di fianco. Mi chiede aiuto. Io specifico che lo aiuterò ma che poi lui dovrà aiutare me. Tiriamo a galla la sua moto e poi facciamo lo stesso con la mia. Lui soffre di mal di schiena e… ha anche una certa età!! 65 anni!! E’ uno scozzese, Robbie Allen, che di solito scorrazza sull’Isola di Man! Un pazzo, insomma. Riparto e dopo un po’ sopraggiunge Paolo. Dopo qualche duna fatta insieme, io cado. Gli chiedo aiuto e lui mi urla che non può lasciare la moto e che devo fare da solo. Grido che non ce la posso fare… nulla. Paolo dice che non mi può aiutare. Ok, Ci riprovo e riesco a sollevare la moto e a riprendere la corsa. Dopo una duna cade Paolo. E’ in una posizione pessima. La ruota posteriore gli schiaccia il piede sotto la sabbia. Mi chiama. Io sono messo male, ma alla seconda chiamata… pianto la moto sulla cima di una duna e scendo ad aiutarlo. Gli indico di uscire a destra che è meglio. Dopo un paio di cordoni arriviamo al CP2. Chiedo come sia il terreno a venire: “Plus porteuse” La sabbia dovrebbe essere più portante, secondo il Commissario. Non sarà proprio così. Ci sarà da sudare ancora parecchio nei successivi 5 km.
Poi, finalmente, si esce dall’erg. Che fatica. Sono spossato. Faceva caldo ed ho bevuto tutta l’acqua. Ho chiesto a Paolo di fermarsi al CP per bere, ma mi ha detto che stava per fare buio e bisognava uscire prima, quindi nessuna sosta. Ora, fuori dall’erg, sembra di aver finito, ma non è proprio così. Per 7 km. Si deve attraversare della vegetazione fuori pista con piccole dunette molto fastidiose. Prendo a sinistra e dopo un km. Circa mi accorgo che non ci sono tracce. Sono solo e le auto che vedo passano alla mia destra, lontano 500 metri. Non sono sulla pista giusta. Sono senz’acqua e sta per fare buio. CADO! Devo tirare su la moto, in qualche modo. Faccio una fatica incredibile, ma la alzo. Poi torno sulle mie tracce fino all’uscita dall’erg, dove avevo incrociato una grossa pista. La imbocco e vado nella direzione opposta, verso la zona dove passavano le auto. Ecco finalmente l’uscita dalla vegetazione! Arrivo al km. 323, dove la pista gira verso cap 300, e mi fermo. Riprendo fiato e fermo un paio di auto per avere acqua. Poi riparto.
Sta per fare buio e mi mancano circa 80 km. Che faccio? Mi fermo e mi ritiro? No, una rapida scorsa in avanti sul road book e noto che la pista non presenta dune, quindi ci provo. Si va. Tranquilli, per non fare cazzate, ma si va. Piano piano cala la notte. Veramente un buio pesto. I fari della moto fanno un buon lavoro, vado a 50 kmh, circa. Forse meno. Non è un problema di tempo, voglio solo tentare di arrivare. Ogni tanto mi passa un camion. Tali passaggi sono utili per due motivi. Mi danno sicurezza sulla pista che sto seguendo e illuminano a giorno per qualche secondo la zona. Tuttavia, dopo essere stato sorpassato, devo stare fermo un paio di minuti perché la sospensione di polvere sollevata mi impedisce di vedere a più di un metro. Comincia a far freschino, ma va bene così. Passo oued sabbiosi, zone sassose, ritrovo i punti noti da road book e pian piano i km scorrono.

Oriento lo specchietto retrovisore per far si che rifletta la luce dei fari verso i trip, così da vedere i chilometri che sto percorrendo e tenere sotto controllo il percorso segnalato sul road book.

Vedo alla mia sinistra, lontano, due fari di moto. Sarà Paolo? Sarà Bubix? Cerco di avvicinarmi ma potrei sbagliare pista, potrebbero anche essere locali e quindi è meglio restare dove sono, sulle tracce dei camion. Finalmente da lontano scorgo il lampeggiante di fine tappa!! Arrivo eccitato alla tenda dei Commissari. “Bravò” Mi dicono. Sono le 20.56! Paolo è arrivato alle 19.39. Si è lanciato, nella parte finale, dietro ai camion, a manetta, assieme ad un americano. Chiedo se ci sia ancora qualche moto in giro e mi dicono che ce ne sono ancora una trentina! Ora, penso, vado da Bubix e gli dico: “Visto che ce l’ho fatta?”. Faccio il pieno, porto la moto al parco chiuso e vado al bivacco. Siamo a Foum Zguid e il campo è solo per motociclisti. Bellissimo.
803Mi accoglie un ragazzo dell’organizzazione che mi mostra dove trovo la zona ristoro. Mi da un sacco con un asciugamano, una felpa, un paio di calze e delle ciabatte ed un sacchetto con il necessario per la pulizia personale. Poi mi mostra le docce. Trovo Paolo che mi dice che Bubix non è ancora arrivato! Inoltre mi dice di chiamare casa perché oggi è morto un motociclista sudafricano ed è quindi meglio farsi sentire. Antonella mi manda un SMS dicendo che ha visto che sono arrivato. Bene, allora è tranquilla. La chiamo e parlo anche con Ada, poi faccio una doccia e mangio qualche cosa. Mi danno un paio di coperte; vado a dormire, devo riposare. L’atmosfera è particolare. Alla esclusività del bivacco solo moto si mescola la silenziosità per rispetto al pilota che ha perso la vita.
Sono soddisfatto, ho fatto veramente un buon lavoro. Bubix, secondo le indicazioni di internet che mi ha dato Antonella, è fermo prima del CP2, in mezzo alle dune (guarnizione testa bruciata!). Mi dispiace. Un pensiero è anche per lui. D’ora in avanti la mia Dakar cambierà.

TAPPA 5 – OUARZAZATE (FOUM ZGUID per le moto) – TAN-TAN
KM.: TRASF. 170 (no moto) – SS 325 – TRASF. 280

Ho dormito bene, e molto. Sono ben riposato. Una volta pronto, alla apertura del parco chiuso, vado alla moto e cambio il filtro aria. Non guardo neppure la catena.
Parto per ultimo alle ore 8.35.30. Le oltre trenta moto che ieri sera ancora non erano arrivate… non sono mai giunte a fine tappa! Un brevissimo trasferimento e siamo al via di speciale. Il mio via è alle 8.55.30.
Dal Km. 18 le auto e le moto prendono una pista stretta, in montagna, mentre i camion ne seguono una più grande. Al km. 25, cìoè al CP1, si sale a sinistra, su una pista poco visibile, molto stretta e sassosa. Al CP1 io passo alle 9.37. Il mio tempo è di 41.50, mentre quello di Paolo è di 41.49!! Si passano tornanti e valichi. Le auto sopraggiungono presto e la cosa si fa seria. Per fortuna solo le prime mi raggiungono in montagna, poi le altre arrivano quando sono già sul piano.
804Al CP2, km. 55, ci si ricongiunge con la pista principale seguita dai trucks. La pista si trasforma in una strada sterrata molto veloce, per km. 20. Poi ci si rituffa in una pista stretta e sassosa. Moltissimi oued da passare.
Il porta road book smette di funzionare, devo girarlo a mano. Prima complicazione. La pista poi migliora e diventa abbastanza scorrevole, fino al CP3, dove si fa il pieno di carburante, al km. 179. Poco prima del CP entro un po’ forte in una compressione ed il trip ICO si spegne. Ulteriore problema. Ora non ho né road book né trip! Al CP trovo Paolo. Io timbro alle 13.17.22 in 4h21.52m Paolo alle 13.16.39, in 4h26,39. Gli chiedo di attendermi un secondo per andare via insieme, visto che non ho strumentazione. Iniziamo così la seconda parte della tappa. Resto ad una distanza di circa 200 metri da lui, che naviga per entrambi.Non faccio alcuna fatica a tenere il suo passo; la mia impressione è che potrei andare un pò più veloce di lui. Ma lui sta navigando, e forse questo fa la differenza. Ad un certo punto, però, il castelletto di supporto delle antenne GPS inizia a vibrare.

Capisco che si deve essere rotto uno dei supporti. Devo rallentare altrimenti, se si rompe tutto, si crea un grande problema. Per fortuna la pista non è malaccio e riesco a tenere un passo abbastanza buono. Verso fine tappa incrocio il camion di Chaguin cappottato. Sta arrivando l’elicottero per i soccorsi!! Poi trovo uno dei Tilliette con una ruota fuori uso. Continuo ed arrivo a fine tappa. Ore 16.47.35 in 7.52.05 – Paolo ha chiuso alle 16.44.04 in 7.54.04!! Sono stato davanti a lui di 2 minuti!! E’ la prima volta che gli finisco davanti in una speciale! Mando un SMS ad Antonella. Lei mi risponde subito. Ricevo anche un SMS dagli amici della JVD!! Mi fa molto piacere. Ci sono turisti spagnoli all’arrivo che scattano molte foto. Io e Paolo ci prepariamo con le cerate per ripararci dal freddo e partiamo per ben 280 km, verso Tan Tan. E domani si va in Mauritania!!
Il trasferimento è lungo. Asfalto si, ma il traffico è molto. Si passano un paio di cittadine. In una, Paolo mi perde. Impiego quasi mezz’ora a riprenderlo. Poi, finalmente, arriviamo a Tan Tan. Facciamo il pieno al distributore e via, verso l’aeroporto.
Arriviamo a fine tappa alle 21.00. Piazziamo le moto ed andiamo a cena, senza cambiarci. I ragazzi della ELF ci accolgono con caffè ed aiuti. Ci ricordano che domattina si parte molto presto e quindi è meglio cercare di dormire. Io però devo sistemare il road book, i trip ed il supporto antenne, assolutamente. Dopo cena inizio a lavorare sul supporto. Mi ci vuole circa un’ora. Il banco lavoro Elf è completo e così riesco a sistemarlo bene. Poi passo al trip. Sensore, trip, sensore, trip. Non riesco a capire quale sia il malfunzionamento. Poi, finalmente, sostituisco il trip Touratech con un altro della stessa marca e funziona. Nel frattempo Paolo se ne è andato a dormire. Magari un aiutino…
Comunque, finalmente, alle 1.45 smetto e vado a dormire sotto la tenda del ristorante. Mi spoglio e mi inserisco nel sacco a pelo. Ma l’adrenalina in circolo è molta e non riesco a prendere sonno. Mi appisolo ma non dormo veramente. Poi, verso le tre, il vento, che già mi aveva infastidito durante le manutenzioni, aumenta fortemente ed il tendone vacilla. I responsabili della ASO ed i locali ci invitano fortemente a lasciare questa zona e così, mentre si mette a piovere, raduno tutta la mia roba nel sacco a pelo e poi mi metto nella terra, in mezzo alle tende, a vestirmi. Vado all’interno della zona biglietteria dell’aeroporto. Vado al bagno a lavarmi la faccia per svegliarmi e mi vesto completamente. Poi mi reco alla tenda medica per farmi medicare le bolle delle mani e dei piedi. Preparo la moto e finisco di vestirmi.

TAPPA 6 – TAN-TAN – ZOUERAT
KM.: TRASF. 414 – SS 394 – TRASF. 9

Praticamente ho sonnecchiato solo per un’ora. Un po’ pochino, visto che la tappa sarà molto lunga ed impegnativa. Accendo la moto e scambio due parole con Paolo. Mi ricorda che devo far timbrare il passaporto. Torno all’ufficio polizia dell’aeroporto e faccio timbrare. Poi mi avvio verso lo start della tappa. Ho indossato la cerata, visto che piove e tira vento. Ho deciso, tuttavia, di lasciare nella cassa, che è sempre più stracolma, i copri pantaloni. Devo cercare anche di alleggerire un po’ il mio zainetto: pesa troppo. La mia partenza, insieme a Paolo, è per le 5,33. Arrivo al via con qualche minuto di ritardo, c’è caos, visto il tempo. Ci sono i controlli della strumentazione e della dotazione di sicurezza. Il mio Sentinel non ha alimentazione e così i tecnici mi mettono una batteria tampone.

807Finalmente parto. Dimenticavo… Il trip che ieri sera ho sostituito, stamattina non si è neppure acceso!!! Sono senza trip e con il road book che gira a mano. E la tappa è di 800 km.!! E Paolo non c’è più, è già partito! Parto seguendo un’altra moto, perché non si vede nulla. Nella prima mezz’ora è veramente un inferno. Non si vede oltre 2 o 3 metri. Devo stare agganciato a quello davanti, altrimenti non saprei dove andare. Piove e c’è un vento fortissimo, tale da dover stare piegato da una parte. Penso anche ad un ritiro, visto che pare più pericoloso questo trasferimento che tutto il resto della gara! Stringo i denti e comincio a pensare: se il tempo rimane così brutto, può anche darsi che riducano la tappa o la annullino o altro, e quindi proprio oggi è importante rimanere in sella! Inoltre la tappa segue a CAP 180 e quindi presto il tempo dovrebbe migliorare. Almeno quando si entrerà nel deserto, a Smara. Insomma, è una giornata nella quale ragionare è molto importante.
Mi fermo ad un distributore, piove forte. Faccio il pieno e poi sto qualche minuto nel bar, se così lo si può chiamare. Sono moltissimi i piloti moto fermi. Poi riparto mentre sta albeggiando. La strada è assolutamente diritta, verso Sud. Il sonno si fa sentire. Stamane non ho neppure messo le lenti a contatto e gli occhiali mi danno un po’ fastidio, perché si muovono. Cerco di pensare e di fare ragionamenti utili. Poi arrivo a Smara e vado alla stazione di servizio. Mentre attendo di fare il pieno mi si affianca l’Hummer di Gordon, una bestia incredibile. Si apre la portiera del copilota e Gordon stesso mi fa un cenno di saluto, stirandosi la pelle. Beato lui, ha fatto guidare il copilota, Andy Grider, ex motociclista alla Dakar, ed ha dormito. Io, invece, sono bagnato come un pulcino, perlomeno alle gambe, e sono assonnato, non poco.

Subito dopo il distributore, al km. 226, inizia il fuoristrada, e continua a piovere forte. Lo sterrato si è trasformato in un grande pantano e si scivola incredibilmente.

I Desert non sono propriamente pneumatici da fango!! Anche Giò Sala, il Grande, in una intervista dirà “Mai visto nulla di simile in dieci anni di Dakar”, mentre pulisce con una bottiglia di acqua i radiatori della sua KTM Repsol.
Rischio subito un paio di voli e quindi penso di ridurre la velocità e di fare molta attenzione. Oggi si entra in Mauritania e quindi è sciocco buttare tutto proprio ora. Basta arrivare a Bir Moghrein e poi si parte per la speciale. Cerco di seguire altre moto, perché sono sempre senza strumentazione. I chilometri passano. Mi fermo a dare delle fascette a Leblanc, un francese che ha problemi con il copertone. Poi trovo uno con un KTM 660 fermo in panne. Passano auto e camion. Finalmente, al km.321, arrivo al “muro”, la famosa frontiera tra Marocco e Mauritania. Ci sono i Caschi Blu. Mi fermo e loro mi chiedono di poter scattare qualche foto con me. Prego, fate pure. Anche un ufficiale vuole una foto. OK. Poi riparto e passo la frontiera. Occorre stare per forza sulla pista perché al di fuori è zona minata!
Nel frattempo la pioggia è quasi cessata. Il terreno è più consistente ed anche bello da guidare, ma il sonno comincia a farsi pesante. Gli occhi mi ballano e non riesco bene a tenere a fuoco le cose. E andando di questo passo, comunque, arrivo al rifornimento che è posto circa 4 km. prima della partenza della speciale, al km. 410.
Faccio il pieno e riparto. Arrivo così al km. 414, a Bir Moghrein e solo ora, quando vedo l’ora dello start, mi rendo conto che sono in ritardo e che le auto sono già partire da circa 5 minuti. Vado dai Commissari allo start e STOP – FUORI GARA! Mi dicono che non posso più partire perché il regolamento prevede che le moto possano prendere il via fino a 5 minuti prima della prima auto!! Non ricordavo questa norma o meglio pensavo fosse applicabile solo alla mattina, al via della tappa. Io dovevo partire per la speciale alle 12.08, assieme a Paolo. Sono arrivato alle 12.48. Le prime auto sono partite alle 12.45. Anziché andare a supplicare i Commissari di lasciarmi partire, mi metto in disparte ed inizio a darmi mille titoli (non onorifici). Poi mi siedo e…piango! La mia Dakar è finita…come no avrei mai immaginato: non ho rotto la moto, non mi sono fatto male, non sono rimasto vittima di un insabbiamento feroce e non mi sono dovuto fermare per il buio! E’ un modo un po’ strano per uscire di gara. Ma la Dakar è questo: situazioni incredibili che si creano dal nulla, eccessi di ogni tipo che sfociano in un problema inaspettato.
805Mi metto a parlare con un Olandese, Cor Karremans, con una Yamaha a due ruote motrici. Ha rotto il motore. Poi arriva un francese, n. 137 – Delaunay, che è si in ritardo, ma ha una deroga perché pare che una auto gli abbia provocato problemi alla moto e ASO gli abbia dato un bonus. Riparte. L’elicottero riporta dove sono io una moto di un americano, Hall, che si è fatto male poco dopo lo start della speciale ed è stato evacuato. Poi arriva Jean Brucy che molto gentilmente si interessa ai nostri problemi, da buon ex motociclista. Scattiamo una foto insieme.
Parlo con i Commissari e chiarisco che attendo il camion scopa. Loro mi dicono che se voglio posso continuare per la pista senza dune ed arrivare a Zouerat. No, aspetto il camion, nessuna voglia di guidare.
Una volta certo di essere fuori gara, telefono, con il satellitare, ad Antonella. E’ molto dispiaciuta e anche Lei, come me, pensa subito al dispiacere che proverà Ada quando lo saprà! Resterà delusa anche Lei. Spero di poterla consolare presto.
Adesso inizia l’attesa del recupero. Il tempo passa, partono tutte le auto, poi tutti i camion. Quindi i Commissari se ne vanno ed io rimango con l’Olandese.
Arriva la polizia locale che resta con noi per sicurezza. Poi arrivano gli amici dell’olandese. Lui se ne va con loro e lascia la moto. Io chiamo il PC Course per sapere quando arriverà il camion. Dicono che è a pochi km. da me. Sarà vero, ma arriverà solo a sera. In tutto il pomeriggio passato a Bir Moghrein le sensazioni, i pensieri ed i dispiaceri si susseguono e si concatenano. Non so quale prevalga. Ora penso che comunque ho fatto ciò che volevo. Poi penso che sarei potuto andare oltre e ormai avevo in vista, come obiettivo, la giornata di riposo; poi penso che è meglio così che non farsi male. Comunque è finita e so già che il pensiero del ritiro me lo porterò dentro per molto tempo. L’esperienza del Rally dei Faraoni 2003 mi brucia ancora ora, quando ci penso. Le occasioni, in queste gare, non vanno buttate, perché non si ripresentano.
La giornata era cominciata male, con la sveglia, se così si può dire, visto che non avevo dormito, sotto la pioggia. Sentivo che sarebbe stata una giornata decisiva. E così è stato. Peccato. Non si può sapere come sarebbe andata se fossi riuscito ad entrare in speciale. Saprò dopo che Turci ha terminato la tappa dopo le 8 di sera. Sicuramente sarebbe stata dura anche per me. Ma a questo ormai ero preparato e nei giorni scorsi me ne avevo dato prova. Peccato davvero.
La giornata è passata con questi orari approssimativi:
– Partenza della Liaison da Tan Tan alle 5.33 o qualche minuto dopo; 

– Sosta al primo benzinaio con breve tappa nel bar alle 7.00; 

– Rifornimento di carburante a Smara, mentre sta albeggiando, alle 8,30, quindi inizio della 
pista; 

– Passaggio del “muro”, frontiera Marocco- Mauritania, alle 10,50 (Paolo è passato alle 
10,30); 

– Arrivo a Bir Moghrein alle 12.48 circa (Paolo alle 12.00 ca.).

808Arriva il camion scopa, ormai è buio. Due battute con l’equipaggio e poi caricano la moto. 
Dalla cabina predisposta per i piloti moto esce un ragazzo che scoprirò poi essere Jakes, della Rep. Ceca. E’ rimasto in panne elettrica, l’avevo incrociato la mattina. E’ abbastanza provato e disperato. 
Dopo circa mezz’ora si riparte. Mangio qualche cosa che c’è sul camion e poi mi sistemo per dormire un po’. La notte la passeremo sul camion che percorrerà tutta la pista fino a Zouerat. 
Mi addormento. Durante la notte facciamo una tappa per caricare un’altra moto. E’ una Suzuki ed il pilota è Mark Verriest, belga. Ha bruciato la frizione. Anche lui è disperato. E chi non lo è? Il camion riprende la pista, sballottandoci senza sosta. Poi, mentre sta albeggiando, ci fermiamo nuovamente a caricare un inglese, Mike Extance, con una Honda. Lui non è disperato… piange addirittura. Ed è alla sua quarta Dakar!! Saprò poi che stava tentando di fare risultato ed era in 34^ posizione in classifica generale. Addirittura aveva ipotecato la casa per partecipare a questa Dakar!! Pazzo veramente!!

FUORI GARA
Finalmente si arriva a Zouerat, all’aeroporto. Ci scaricano ed il camion, con le moto, prosegue per Atar. Noi saremo portati appunto ad Atar in aereo. Trovo il Commissario Ferretti con il quale scambio qualche parola.
Mi fa bene. Mi rilassa. L’attesa non è lunga. In poco più di un’ora ci fanno salire sull’aereo dei Commissari e della ASO e ci portano alla città sede della giornata di riposo ed io… mi addormento.
Al mio risveglio, mentre guardo il deserto dall’oblò, Cesar, il tecnico della ERTF che conosco bene, ormai, dopo i vari Rally dei Faraoni, mi dice se sia meglio in aereo. Rispondo … no, era meglio in moto. La stessa risposta l’aveva data Brucy, il giorno prima, alla domanda se preferisse l’auto alla moto.
Dopo un paio d’ore si arriva ad Atar. L’aeroporto è decisamente più grande di quello di Zouerat, che era militare. E’ già pieno di aerei ed altri ne arriveranno ancora.
Giro un po’ per la parte centrale del bivacco, nella zona stampa, e poi faccio e ricevo alcune telefonate. Parlo con Antonella che mi dice che Ada piange e si dispera, inveendo verso i Commissari, secondo Lei colpevoli di non avermi lasciato partire per la speciale. Anche Antonella è dispiaciuta. Mi dice di star tranquillo e di pensare… alla prossima! Non scherzare, dico io. Ma nei miei pensieri la Dakar è ormai entrata prepotentemente. E non so quando ne uscirà. Poi parlo con Bubix, che è già a casa. Nel frattempo noto un giornalista che, accortosi di me che, ancora vestito da pilota moto, parlo italiano al telefono, aspetta che io finisca la telefonata. Mi dice di essere di Sport Italia e mi chiede come mai sia già arrivato ad Atar. Spiego il motivo. Lui si dice dispiaciuto, e dice che sta aspettando piloti italiani da intervistare. Io non sarò tra quelli.
Vado a cercare la mia cassa e pianto la tenda, vicino all’aereo cargo delle casse.

Mi cambio, e mentre lo faccio mi rendo conto che non indosserò più questo abbigliamento da moto. Sono triste. Qualsiasi sia il motivo del ritiro, è sempre un momento triste.

Poi inizio a girovagare per il bivacco. Vado al ristorante e trovo Mark Verriest, con il quale faccio una bella chiacchierata. Sta bevendo una birra. Mi dice che erano mesi che non ne beveva. Rispondo che lo stesso vale per me. Ci scambiamo idee e riflessioni e cerchiamo di trovare motivazioni valide perché i nostri ritiri siano più accettabili. Ridiamo, ci rendiamo conto che stiamo cercando scuse, ma va bene così. Questo ci fa stare meglio.
Nel pomeriggio cominciano ad arrivare i piloti moto ufficiali e poi, via via, tutti gli altri. Arrivano anche i vari italiani e, finalmente, Paolo. La tappa è stata accorciata di 170 km. di speciale, per via di una tempesta di sabbia.
Sono stati dirottati sull’asfalto. Questa era una buona occasione, peccato, davvero peccato. Ho buttato al vento una buona possibilità di arrivare alla giornata di riposo.
Paolo è molto stanco e pare che la sua moto non marci a dovere. Domani, giornata di stop per tutta la carovana, la dedicherà alla manutenzione completa del mezzo.
806Verso sera vado a vedere alla biglietteria per trovare un posto per il rientro. Parlo con un tipo che dice di avere due posti per il volo su Parigi del giorno 15. Do appuntamento allo stesso per la sera, per parlare anche con Mark. Eravamo d’accordo di cercare insieme il biglietto. Vado a cena con lui, poi torniamo alla biglietteria, perché Mark dice che il biglietto che mi hanno offerto è ad un prezzo molto vantaggioso, circa la metà di quanto chiede ASO. Così acquistiamo il ticket per Parigi. Poi giriamo un po’ per il bivacco, un’altra birra e poi a nanna.
I pensieri sono mille. Cerco di addormentarmi subito per allontanarli. Ci riesco, essendo ancora molto stanco per i due giorni precedenti.
Al risveglio, dopo una notte passata in tenda anziché in camion, mi assale subito il dispiacere. Mi sembra di essere al bivacco inutilmente, visto che poi non devo ripartire in gara. Vado a fare colazione e poi passeggio per il bivacco senza meta prefissata.
Do una mano a Paolo per la manutenzione della sua moto.
Durante la giornata ho occasione di scambiare due parole con tutti i piloti italiani presenti, oltre che con i meccanici. La “pattuglia” italiana riceve la “visita” della stampa; prima Judith Tommaselli, giornalista francese che, molto gentilmente, pone qualche domanda a tutti per pubblicare un articolo su Moto Sprint; poi anche di Sport Italia TV che invece si interessa solo dei
migliori connazionali, al contrario di quanto dovrebbe fare una TV del genere. Le storie dei privati sono, secondo me, sempre molto più affascinanti e cariche di sensazioni di quelle dei piloti ufficiali o di alta classifica. Chi fatica di più sente maggiormente lo stress e la difficoltà ed eccezionalità della gara che sta correndo.
Cedo a Capodacqua e Muratori le mie mousse di scorta. Riuscirò, però, a rimettere sull’aereo i cerchi solo la mattina successiva, visto che Euromaster ridà loro le ruote solo in quel momento. Paolo lavora tutto il giorno ed ha la cattiva sorpresa di trovare il motore senza un filo di olio, pur avendolo cambiato solo due sere prima, a Tan Tan. Se ne stupisce, c’è il dubbio che ne abbia messo poco. Questo dubbio lo attanaglia e partirà, da Atar, con la convinzione che il suo motore stia per abbandonarlo. Così non sarà, anche se dovrà ritirarsi circa 60 km. dopo la ripartenza, ma per un insabbiamento feroce, con azzeramento della batteria e conseguenti pedalate per avviare il mezzo.
Paolo ha passato tutta la giornata di riposo dicendo che era giunto al capolinea, che non ce la faceva più, che non sarebbe andato lontano. Insomma, non credeva più nei propri mezzi, fisici e meccanici. Strano, per come lo conosco io. Addirittura non pranziamo né ceniamo insieme, nella giornata passata ad Atar. Io non sono molto loquace, certo, ma lui è più orso del solito.
Durante la giornata ho modo di sentire un po’ tutti gli amici al telefono e di predisporre con Antonella il rientro da Parigi a Milano, con prenotazione dell’Hotel in Francia. Parlo al telefono con Ada, che si è un po’ ripresa dalla delusione, anche se piange ancora.
Dopo una notte di riposo, la mattina della ripartenza mi assale proprio la malinconia della gara. Vedo tutti i piloti che si preparano, che scaldano la moto e che fanno tutti quei gesti classici dell’ante tappa. Io, invece, vestito da turista, attendo l’aereo per Parigi.
Mi avvicino alle tende degli altri italiani. Muratori mi chiede il favore di “ritirargli” la tenda. Ma chiedo come fare, visto che è ancora piena di vestiti ed altro. Lui dice di piegarla a sacco e di buttarla così dietro le ruote moto, sull’aereo C130!!
797Così faccio. Poi chiudo la mia tenda, preparo la cassa, che ASO deve riportare a Parigi, con le ruote, e, con il mio bagaglio mi avvio verso lo start della “liaison” di giornata, appena fuori dall’aeroporto. Vedo sfilare tutte le moto, e il magone sale quando se ne sono andate tutte. E’ proprio finita, ora si torna a casa. Inizia l’attesa nella hall della stazione aeroportuale.
La coda si fa sempre più caotica. Incontro anche lo scozzese Robbie Allen con il quale ci eravamo aiutati nelle dune. Io e Mark ci rendiamo conto che c’è la possibilità di rimanere “a piedi” così ci diamo da fare allungando una mancia al tipo del check in. Cosa fatta. Il mio bagaglio viene “accettato” e noi usciamo sulla pista. Mi dicono di mettere il mio sacco sotto le ali dell’aereo, come fanno gli altri, ed io eseguo. Poi salgo e chiedo ad uno stewart se l’aereo faccia qualche scalo tecnico. Risponde di no, che va diritto a Parigi. Il volo fila liscio. Arriviamo in orario a Parigi e vado al ritiro bagagli. La sorpresa è che il mio sacco…non arriverà mai!! Come sia possibile, dopo che l’ho messo personalmente sotto le ali dell’aereo, non lo capisco. Vado all’ufficio bagagli e compilo un modulo, poi vado in hotel. Salgo in camera. Faccio una doccia e poi scendo al bar a mangiare un panino. Di tutta la mia attrezzatura ho salvato solo giacca e casco. Per fortuna. Tutto il resto perso: ginocchiere ortopediche, pantaloni, guanti, maglia, sacco a pelo, stivali.
Il giorno dopo riparto per Malpensa, non prima di aver richiesto ancora notizie del bagaglio all’aeroporto, senza ricevere risposte piacevoli. All’arrivo a Milano c’è Antonella ad attendermi.
Mi fa molto piacere. Mi è mancata molto, Ma l’ho sentita molto vicina. Molto più che non ai vari Rally dei Faraoni. Probabilmente anche Lei si è resa conto che questa è un’altra cosa. Più difficile ed importante. E più coinvolgente.
Talmente coinvolgente che posso senz’altro dire che la mia avventura alla Dakar proseguirà, presto, spero, anzi prestissimo!
E’ stata una esperienza veramente intensa, devastante, sia in senso positivo che negativo. La mente resterà focalizzata su questa avventura ancora per molto tempo. Oserei dire che sono rimasto stregato da questa avventura così dura, così impegnativa, così risucchiante. E per riuscire a liberarsi da questo vortice la prima cosa da fare è riprovarci, per arrivare a Dakar e bagnare i piedi nell’Oceano ed arrivare al Lago Rosa. Ora so che ci riproverò.
La mia passione per la Dakar era grande… ora è IMMENSA!!!
Carlo Alberto Migliazza – KTM Nr.91

Massimo Chinaglia – GILERA Nr.90
Paolo Turci – KTM Nr.89

Antonio Cabini: non c’è 2 senza 3!

Fedele al proverbio non c’è due senza tre Antonio Cabini, dopo aver portato a termine le due precedenti edizioni della Parigi-Dakar, è arrivato al traguardo finale della maratona africana anche nel 1991. In sella ad una Yamaha da lui stesso preparata il trentaquattrenne cremasco ha portato a quota sette le sue partecipazioni all’affascinante manifestazione in quanto si era presentato per la prima volta nell’84, fra i primi italiani; ci ha riprovato senza fortuna nei due anni successivi, è poi stato della partita come navigatore di auto nell’87 ed ha saltato solo l’edizione 88.

Si è concluso con molta soddisfazione la Dakar motociclistica 1991 di Antonio Cabini, «veterano» della corsa con all’attivo sette partecipazioni. Da privato con una Yamaha monocilindrica.

Stavolta, come già due anni prima, si è classificato al trentottesimo po-sto, un risultato magari non eccezio-nale ma sempre confortante per chi si presenta solo con un meccanico avio-trasportato e qualche cassa di ricam-bi su un camion.

È la terza volta consecutiva che raggiungi Dakar. È sempre una soddisfazione notevole a la prima volta è irripetibile?
«Effettivamente la prima volta ti regala emozioni proprio speciali. Nel mio caso, poi, io avevo inseguito quel traguardo per ben quattro volte senza successo e di conseguenza volevo proprio farcela. Quest’anno aveva l’incognita della moto, che avevo preparato io stesso, dopo che nelle due precedenti edizioni avevo noleggiato una moto ex ufficiale dalla Belgarda. C’era il timore di non riuscire ad arrivare in fondo ma tutto sommato è sempre andata bene e ce l’ho fatta nuovamente. La maggiore soddisfazione è stata raggiungere Dakar con un mezzo preparato in proprio.»

Hai incontrato maggiori o minori difficoltà rispetto al passato?
«Come percorso la Dakar ’91 l’ho giudicata più selettiva, più dura. Per quanto mi riguarda ho avuto problemi limitati e non mi é mai stata inflitta la forfettaria. Sono rimasto due volte senza benzina dopo aver sbagliato pista a causa di una limitata autonomia, ma soprattutto mi ha rallentato un’errata scelta della cassetta del fil-tro. Mi aspirava poca aria e non poteva usufruire di tutta la potenza. Purtroppo l’inconveniente non era più ri-medibile una volta partiti e mi sono rassegnato… sono i tipici inconvenienti di chi arriva a montare gli ultimi pezzi in fretta e furia, magari proprio il giorno di Natale.»

L’organizzazione ha aumentato le tappe marathon per favorire, a suo dire, i piloti privati. Ti è sembrata una scelta azzeccata?
«L’intenzione era buona ma i risultati non sono stati quelli promessi. I piloti ufficiali prima delle tappe marathon hanno la possibilità di farsi revisionare al meglio i mezzi e quindi difficilmente, a meno di cadute o particolari eventi sfortunati, incontrano poi problemi. Riescono poi a trovare il sistema di farsi lasciare sulla pista qualche pezzo da sostituire e all’arrivo, mentre noi dobbiamo arrangiarci col sacco a pelo, trovano sempre qualcuno che li fornisce di tende e altri comfort. In ogni caso se ripenso a due anni fa, quando non avevo il meccanico sull’aereo, stavolta per me é stata tutto sommato una Dakar sopportabile.»

Cosa più di tutto ti spinge ad affrontare questa maratona?
«È la sua diversità da tutte le altre gare che attira. È una gara dove non conta solo la classifica ma anche arri-vare in fondo, superare ogni ostacolo e traversia, ti gratifica anche senza le vittorie. Dopo una certa età si ha voglia di qualcosa di differente, di qualcosa che va al di là del risultato sportivo e in questo senso la Dakar è una delle poche, se non l’unica, che pud dare questo genere di sensazioni.»

Cosa trovi stupendo e cosa sconsiderato della manifestazione?
«Stupendi trovo i posti attraversati, i paesaggi, tutti luoghi dove difficilmente un semplice turista può arrivare, Trovo eccessivamente stressante la parte europea della gara, soprattutto prima del via. Tra verifiche, trasferimenti, passerelle e compagnia bella non si vede l’ora di arrivare in Africa, specialmente per i privati é una fase allucinante.»

Con gli sponsor riesci a pareggiare i conti o questa Dakar ti procura ingenti spese?
«Mi hanno aiutato la ditta lcas e la Top cuscinetti ma ovviamente bisogna integrare di tasca propria queste entrate per poter partecipare ad una Dakar. Per un privato del mio livello la spesa si aggira sui 50-60 milioni. Bisognerebbe forse cercare di coalizzarsi e limitare così le spese comuni. In questo senso mi dicono abbia svol-to un buon lavoro il team Assommato.»

Tra una Dakar e l’altra partecipi ad altre gare?
«Negli anni scorsi ci riuscivo. Ultimamente il lavoro mi assorbe troppo. Ho corso nei Rally di Sardegna, nel Trofeo Motorally, all’Atlas. Vengo dall’enduro e prima della Dakar mi cimentavo in campo regionale e nazio-nale.»

Nella prossima edizione ci sarai nuovamente?
«Non ho ancora deciso. Devo forse trovare qualche nuovo stimolo. La febbre dell’Africa, comunque, colpisce anche me e se quando corro non vedo l’ora che finisca in primavera ricomincio a sentirne la nostalgia. Ve-dremo.»

Intervista: Danilo Sechi

Juan Porcar, e la spagnola Ossa pionieri alla Dakar

Uno dei nomi che non possiamo dimenticare celebrando la Dakar è quello di Juan Porcar, che è stato il primo pilota spagnolo a partecipare alla competizione e per di più lo fece cavalcando una moto iberica, la Ossa!

Juan Porcar era un giornalista e dedicato essenzialmente a seguire l’informazione motociclistica a livello mondiale , aveva gareggiato di tanto in tanto, e seguendo la prima edizione del 1979 gli cominciò a venire in mente di preparare una moto e partecipare alla Dakar. Progetto che riuscì a realizzare nell’edizione del 1982.
A quel tempo, era consapevole del fatto che il rally Dakar era un po’ diverso da quello che aveva conosciuto fino ad allora.
L’assistenza di nome ma non di fatto e problemi di navigazione e interpretazione delle note potevano essere causa di problemi seri. Soprattutto la sete poteva essere fatale in una competizione come la Dakar di quei tempi. Purtroppo proprio questo fu il motivo del suo abbandono. Nelle prime tappe della corsa si perse nel deserto e rimase senz’acqua per alcuni giorni, fino a quando non trovò un villaggio con un pozzo da cui decise di dissetarsi senza prendere le dovute precauzioni.

Questa scelta, dipesa dalla lunga privazione, si rivelò infausta. L’acqua non era proprio come quella di una fonte di montagna, e Porcar cominciò da subito a soffrire di una terribile febbre che lo ha costrinse ad abbandonare. Ma l’avventura non si fermò lì. L’assistenza medica lo raggiunse nel villaggio dove aveva trovato accoglienza, ma dopo il primo soccorso e la promessa di trasferirlo con mezzi idonei…lo dimenticarono!
Porcar dovette organizzare il suo rimpatrio in Spagna di propria iniziativa.

Altri tempi. Oggi i partecipanti della Dakar hanno grandi mezzi, ma allora “The African” (come era affettuosamente chiamato Juan Porcar) non aveva logicamente ne GPS, ne balise, nessun assistenza, non molte risorse e pochissimi pezzi di ricambio .

A parte questa angosciante avventura, resta l’esperienza di correre con una moto 2T la Ossa Desert 350 cc con dentro al suo zaino due pistoni, l’olio per la miscelazione, una borraccia d’acqua, ma soprattutto un grandissimo entusiasmo.

Philippe ed Erick Auribault Dakar 1987

I fratelli Philippe ed Erick Auribault sulle piccole Yamaha DT 125 al prologo parigino della Dakar 1987. Dietro si riconosce Martin-Ville sulla Yamaha del Team FD Moto Shop.

Hédouin e Scheck Dakar 1989

Nella foschia spuntano l’Africa Twin di Hédouin e la Maico 500 di H.Scheck durante la Dakar 1989.

Paolo Paladini Dakar 1991

Un eroico Paolo Paladini si fa ritrarre durante la Dakar 1991. Dietro di lui la moto di Boluda che con una Honda Marathon si classificò 10° nell’assoluta!!

Ciro De Petri Dakar 1984

Ciro De Petri sfreccia verso il traguardo della sua prima Dakar, nel 1984. Concluderà 37° su KTM GS 560.

Serge Bacou Dakar 1982

Hau e Balestrieri Dakar 1986

Heddy Hau insegue un coriaceo Andrea Balestrieri sul podio nella classifica finale della Dakar 1986.

Pedro Amado Dakar 1992

Un eroico dakariano, Pedro Amado in gara durante la Dakar 1992 e regolarmente al traguardo di Le Cap in 28° posizione su una Yamaha XTZ 660 Marathon!