Juan Porcar, e la spagnola Ossa pionieri alla Dakar
Uno dei nomi che non possiamo dimenticare celebrando la Dakar è quello di Juan Porcar, che è stato il primo pilota spagnolo a partecipare alla competizione e per di più lo fece cavalcando una moto iberica, la Ossa!
Juan Porcar era un giornalista e dedicato essenzialmente a seguire l’informazione motociclistica a livello mondiale , aveva gareggiato di tanto in tanto, e seguendo la prima edizione del 1979 gli cominciò a venire in mente di preparare una moto e partecipare alla Dakar. Progetto che riuscì a realizzare nell’edizione del 1982.
A quel tempo, era consapevole del fatto che il rally Dakar era un po’ diverso da quello che aveva conosciuto fino ad allora.
L’assistenza di nome ma non di fatto e problemi di navigazione e interpretazione delle note potevano essere causa di problemi seri. Soprattutto la sete poteva essere fatale in una competizione come la Dakar di quei tempi. Purtroppo proprio questo fu il motivo del suo abbandono. Nelle prime tappe della corsa si perse nel deserto e rimase senz’acqua per alcuni giorni, fino a quando non trovò un villaggio con un pozzo da cui decise di dissetarsi senza prendere le dovute precauzioni.
Questa scelta, dipesa dalla lunga privazione, si rivelò infausta. L’acqua non era proprio come quella di una fonte di montagna, e Porcar cominciò da subito a soffrire di una terribile febbre che lo ha costrinse ad abbandonare. Ma l’avventura non si fermò lì. L’assistenza medica lo raggiunse nel villaggio dove aveva trovato accoglienza, ma dopo il primo soccorso e la promessa di trasferirlo con mezzi idonei…lo dimenticarono!
Porcar dovette organizzare il suo rimpatrio in Spagna di propria iniziativa.
Altri tempi. Oggi i partecipanti della Dakar hanno grandi mezzi, ma allora “The African” (come era affettuosamente chiamato Juan Porcar) non aveva logicamente ne GPS, ne balise, nessun assistenza, non molte risorse e pochissimi pezzi di ricambio .
A parte questa angosciante avventura, resta l’esperienza di correre con una moto 2T la Ossa Desert 350 cc con dentro al suo zaino due pistoni, l’olio per la miscelazione, una borraccia d’acqua, ma soprattutto un grandissimo entusiasmo.