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Walter Surini al traguardo di Città del Capo nel 1992

Due volte al via e due volte al traguardo, nel ’91 a Dakar, 36esimo, a Città del Capo, 20esimo. Walter Surini ha nuovamente dimostrato di avere le capacità ed il temperamento per ben districarsi nella massacrante maratona africana. Difendendo i colori della Kawasaki IP Italy ripagò la fiducia accordatagli portando la 500 Kle bicilindrica quattro tempi da un capo all’altro del Continente nero sfiorando il successo nella categoria 500 (è stato a lungo in testa alla graduatoria provvisoria) e centrando quella della 500 international, riservata ai piloti con buoni risultati nei rally internazionali.

Il pilota di Rogno portò a termine anche la sua seconda avventura nella Dakar piazzandosi ventesimo assoluto su Kawasaki – il salto di un timbro per una nota errata del road-book gli costò una penalizzazione di dodici ore.

Grande soddisfazione all'arrivo. Maletti risulterà vincitore della cat. fino a 500 cc.

Grande soddisfazione di Surini con il compagno di team Maletti all’arrivo.

– E’ stato più emozionante raggiungere Dakar l’anno scorso oppure Città del Capo quest’anno?
“Sono state entrambe sensazioni bellissime. A Dakar si trattava della prima volta, era la fine di un’avventura tutta da scoprire, a Città del Capo mi ha colpito l’accoglienza che ci hanno tributato, l’entusiasmo degli spettatori. Se devo proprio scegliere è stato più bello l’arrivo ’92 perché la gara è stata più difficile, più faticosa e stressante. Non è vero, come si è detto e scritto, che nella seconda parte la corsa sia stata una passeggiata. Si, non ci sono più stati colpi di scena ai vertici delle classifiche ma abbiamo attraversato percorsi insidiosi e molto difficili, non è stata una vacanza, lo posso assicurare. Chi ha affermato il contrario o si è ritirato a metà oppure ha effettuato i trasferimenti in aereo.”

– Che sia stata comunque deludente non si può però negare. Se facesse parte dell’organizzazione che modifiche apporterebbe?
“Continuerei a puntare sul completo attraversamento dell’Africa ma effettuerei la gara al contrario, da sud a nord, da Città del Capo a Tripoli. Pensa, all’inizio tappe con brevi distacchi tanto per creare il clima giusto e poi, nel deserto, la grande selezione finale. Certo ci sarebbero inconvenienti anche in questo caso, per esempio il trasporto dei mezzi in Sudafrica condizionerebbe i tempi di effettuazione, ma dal punto di vista prettamente agonistico si proporrebbe una competizione sicuramente più interessante ed incerta sino all’ultimo.”

Surini.Dakar

Walter Surini sulla Kawasaki KLE 500 del Team IP Italy

– Da trentaseiesimo a ventesimo è stato un bel passo avanti. Merito della maggiore esperienza o anche di cos’altro?
“Innanzitutto poteva andare anche molto meglio, senza il salto di timbro nelle battute conclusive e la conseguente pesante penalizzazione avrei potuto guadagnare anche cinque posizioni. Certo l’esperienza ha giocato un ruolo non indifferente ma determinante è stata l’affidabilità della mia Kawasaki, una moto talvolta non adeguatamente potente, con un assetto non specifico ma davvero affidabile. Rispetto a dodici mesi prima ho tribolato molto meno, non ha avuto rotture gravi anche se per qualche giorno ho corso senza la quinta marcia, ho potuto raggiungere i bivacchi in tempi ragionevoli e quindi ripresentarmi molto pi` riposato e lucido al via della frazione successiva. E tutto questo nonostante la nostra organizzazione abbia dovuto fare a meno molto presto del camion d’assistenza costringendoci a limitare le sostituzioni dei pezzi usurati e spesso ad elemosinare qualche copertone o altri pezzi di ricambio.”

– Ma esattamente cosa è successo quel giorno che ha saltato il controllo a timbro?
“Quella è stata una tappa micidiale, davvero molto impegnativa, e l’inconveniente capitato a me è successo anche a parecchi altri piloti. Certo io sono arrivato in ritardo di qualche minuto al briefing mattutino ma quello che mi ha indotto all’errore è stata una nota inesatta del road-book. Mi ha fatto imboccare una pista parallela a quella giusta, in mezzo alla vegetazione, e non ho potuto accorgermi del timbro, che magari era vicinissimo a dove sono transitato. Sono stato penalizzato con dodici ore, l’inconveniente mi è costato davvero caro.

– Ai suoi livelli si riesce a pareggiare le spese o addirittura partecipare a questa gara comporta sacrifici economici?
“Stavolta ho pareggiato i conti ma obiettivamente dopo una tale faticaccia, aver trascorso un mese tra polvere e sudore, aver macinato migliaia di chilometri non mi sembra di dire un’eresia se affermo che qualcosa in tasca dovrebbe anche rimanere. D’altronde noi piloti siamo così, la passione troppo spesso ci fa fare cose irrazionali.”

– Adesso nel suo futuro cosa c’è?
“Alla fine di febbraio conto di conseguire il brevetto commerciale come pilota d’elicotteri mentre come pilota aspetto che la Kawasaki definisca i suoi prossimi programmi. Certamente conto di partecipare a qualche rally importante.”
di Danilo Sechi
http://www.motowinners.it/spazio%20interviste/Surini%20Dakar%201992.htm

Team Kawasaki IP alla Dakar 1992

Era la prima volta che la Kawasaki 500 KLE , presentata alla fine del ’90 al Salone di Colonia, veniva schierata al via del più importante rally africano. Dunque non mancavano le incognite, ma la Kawasaki-Italia aveva lavorato con cura cercando di prepararsi al meglio all’impegnativa maratona, anche se la decisione di gareggiare nella categoria marathon aveva imposto di restare il più vicino possibile al modello di serie. Le due KLE di Surini e Maletti avevano conservato il loro motore standard, un bicilindrico parallelo a quattro tempi di 499 cm3, con distribuzione a doppio albero a camme in testa e quattro valvole per cilindro, misure caratteristiche 74 x 58 mm e cambio a 6 marce.

Sulla ciclistica invece era stato possibile lavorare, perché nonostante il vincolo del telaio di serie, doppi culla in acciaio, il regolamento permetteva di intervenire sulle sospensioni, a patto di mantenere i leveraggi originali della posteriore e foderi e steli di serie per la forcella. Totalmente nuove invece le parti della carrozzeria, con un grande serbatoio anteriore e due piccoli posteriormente, per una capacità totale di 54 litri di benzina. Per la gestione delle moto il team Kawasaki-IP che aveva come sponsor principale l’Italiana Petroli, si era affidato al Team Assomoto: la squadra di Bruno Birbes era una delle più organizzate a livello nazionale, ed aveva una percentuale di piloti portati al traguardo nella Dakar del 79%.

Come mezzi d’assistenza ci si era affidati ad un camion Liaz 154-111 ed un’auto Range Rover 3900. Particolare curioso, l’auto per l’assistenza veloce era guidata da Davide Pollini, presidente e responsabile logistico e finanziario del team Assomoto, che aveva alle spalle un paio di Dakar in moto, ed una in auto nel 1991.

I PILOTI:

29 GUIDO MALETTI È stato uno dei primi italiani a dedicarsi ai grandi rally africani, e nell’87 riuscì ad ottenere un ottimo undicesimo posto nella Parigi-Dakar Reggiano, 33 anni, vanta numerose esperienze nell’enduro nazionale; fu pilota ufficiale Kawasaki-France nella Dakar ’90 mentre nell’edizione successiva non corse. Di nuovo in gara con la Kawasaki, punta soprattutto sulla regolarità e sulla capacità di sbagliare poco, quelle che sono le sue doti migliori.

30 WALTER SURINI Denti stretti e tanta fatica per portare a termine lo scorso anno la sua prima Dakar. Ma ce la fece, e questa volta ci riprovava come pilota ufficiale della Kawasaki-Italia. La sua esperienza rallistica però non si limitava alla classica africana: tra i suoi risultati di maggior prestigio una vittoria nell’Incas Rally ’88, quando riuscì da privato a battere diversi ufficiali, e buoni piazzamenti nuovamente in Perù ed in Sardegna, oltre al successo nel Rally della Repubblica Dominicana del ’91. Bergamasco trentunenne, pilota d’elicottero, aveva vinto diversi campionati nazionali di enduro, endurance e junior.

Ndr: entrambi i piloti si comportano egregiamente, terminando entrambi la competizione, dimostrando la serietà del Team e la bontà della moto portata in gara. Maletti e Surini conclusero rispettivamente 19° e 20° nell’assoluta (4°e 5° nella categoria Marathon vinta da Massimo Montebelli).

fonte: motosprint

 

Le Gilera private alla Dakar 1991

Anche quattro Gilera private sono arrivate al traguardo della Dakar 1991, guidate da quattro italiani. si tratta di Quaglino (28°), l’unico in rosso del gruppo, e dei tre piloti del Team Assomoto: da sinistra Aldo Winkler (33°), Walter Surini (36°) e Brenno Bignardi (32°). manca solo Carlo Alberto Mercandelli, ritirato.