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DKV 750 Dakar 1985

Finanziamento tedesco, progetto francese e motore giapponese, questo il connubio che permette di vedere nascere nel 1985 il progetto DKV.
I soldi li per la realizzazione della moto, provenivano dallo sponsor, la Deutsche Kranvenversicherung AG che allora era la più grande assicurazione sanitaria d’Europa. L’idea venne a Richard Montel, capo della Normoto di Juvignac Hérault e metteva la centro del progetto il 4 cilindri in linea della Kawasaki GPZ 750 ZX.

Il progetto era innovativo per quei tempi, e che in qualche modo lanciò la moda delle pluricilindriche in gara nel deserto, tanto in voga negli anni a seguire.

Il motore venne modificato profondamente. Prima cosa fu necessario abbassare il rapporto di compressione e depotenziarlo fino a raggiungere dei regimi di coppia più consoni ad una corsa nel deserto. La cura permise comunque di raggiungere la ragguardevole potenza di circa 80 cavalli. Un altro “piccolo bricolage” venne effettuato per alleggerire il peso: il motorino di avviamento venne smantellato, con conseguente alleggerimento dell’impianto elettrico. Venne montato il kit starter della Kawasaki Z 650. Un filtro aria Sachs fatto in casa e preso “in prestito” da una Volkswagen Golf, un bello scarico quattro in uno e voilà, il gioco è fatto!

L’anima della ciclistica venne mantenuta sempre la Kawasaki ZX, la doppia culla venne segata al fine di aggiungere una culla rimovibile, per agevolare la manutenzione, sostenendo la sella e serbatoio aggiuntivo. Per “dissetare” il 4 cilindri viene realizzato un serbatoio principale in lamiera di 2 mm della capienza di 45 litri e sotto la sella trova spazio un altro serbatoio da 15 lt.

La forcella, una Kayaba di provenienza crossisitica, trapiantata da una Yamaha YZ 490, con adattati gli attacchi per le pinze dei due freni a disco Brembo da 220 mm di diametro. Il progetto, sicuramente serio e ben realizzato viene evidenziato dalla realizzazione di parti in alluminio anodizzato oro, come la piastra di supporto delle pinze freno anteriori e posteriori e dei triangoli delle forcelle. Anche il forcellone oscillante era di derivazione di ZX e montava, al posto del sistema Unitrak, due classici ed affidabili White Power con serbatoio separato. I mozzi delle ruote erano del Z 650.

Il punto di forza della DKV sembrava essere la buona potenza a tutti i regimi, la solidità di un motore affidabile, e i piloti come Yvan GORONESKOUL, Philippe VASSARD e André BOUDOU, di sicuro talento ed esperienza .
La velocità di punta stimata in 200 kmh su strada e 180 su sabbia e con un peso a secco di 170 kg non eleggevano sicuramente la DKW la moto più maneggevole alla Dakar…

N.d.r. purtroppo questo interessante progetto “europeo” non ebbe molta fortuna, in quanto tutti i 3 piloti si ritirarono.

Honda XL 500 R Dakar 1982

In Honda erano decisamente stanchi! La Dakar stava sempre più diventando un evento mediatico planetario, e la casa dell’ala a distanza di 3 anni non aveva ancora vinto!! Due volte la Yamaha e una volta la BMW si erano aggiudicati la competizione offroad del momento. Per tentare la scalata alla vetta della classifica, questa volta si decisero a fare le cose per bene. Per l’edizione del 1982, infatti la moto uscì preparata direttamente dal reparto R&D Honda. I prototipi che verranno marchiati XL solo per motivi di marketing (la base è a tutti gli effetti una XR) erano già pronti a settembre e i test proseguirono incessanti, 6000 km percorsi in fuoristrada permisero di mettere a punto un mezzo affidabile e maneggevole, pronto per scatenare i 4 piloti ingaggiati (Neveu, Rigoni, Vassard e Drobecq) sulle dune africane.

Il motore era il classico monocilindrico di derivazione XR portato a 550 cm3 che sviluppava circa 45 CV, con alcuni accorgimenti per migliorare l’affidabilità, come il radiatore dell’olio posizionato sotto al fanale anteriore e protetto da un’apposita griglia. Il cambio manteneva la rapportata a 4 marce con frizione rinforzata per resistere ai maltrattamenti.

Le sovrastrutture vennero modificate totalmente, il serbatoio manteneva le colorazioni classiche di casa Honda, ma passava da 32lt a 42lt di capienza, questo richiedeva lo spostamento verso il retrotreno della sella, che venne ridotta nelle dimensioni e aumentata nell’imbottitura. Dettaglio che farà sorridere se letto di questi tempi, ma assolutamente non secondario, era la piastra saldata sotto la base del cavalletto per aumentare la superficie d’appoggio e evitare lo sprofondamento nella sabbia…questa volta nulla doveva essere lasciato al caso!

I freni, entrambi a tamburo, erano realizzati in magnesio, quello anteriore in particolare monta una doppia camma per azionare le due ganasce e migliorare il potere frenante. Il comparto sospensioni vedeva montare al posteriore per la prima volta un mono Showa con sistema ProLink e un paio di forcelle tradizionali anteriori a perno avanzato.

L’insieme di tutti questi fattori uniti all’abilità dei piloti, permisero un risultato fantastico per la casa si Tokio, Cyril Neveu si aggiudicò la Dakar, Philippe Vassard si piazzò al secondo posto, Bernard Rigoni al settimo, mentre Drobecq si ritirerà.

 

Philippe Vassard – Dakar 1982

Philippe Vassard controlla la moto di Bernard Rigoni – Dakar 1982

Philippe Vassard Dakar 1982

Philippe Vassard sulla Honda XR 500 si classificò al 2° posto alla Dakar 1982

Quattro Honda nel deserto – Dakar 1983

Partenza di tappa della Dakar 1983, si riconoscono da sinistra la Honda XL 500 di Auribault (22°), Drobecq (2*), Rigoni (rit.) e Vassard (rit.)