In attesa del traghetto Dakar 1992

Questa bellissima foto vede ritratti i nostri eroi in attesa di un trasporto durante la Dakar 1992. Da sinistra: #72 Chanteloup, #76 Berhudes, #75 Heitz, 79 Flament, #87 Gualini, #92 Orioli, #61 Montebelli, #56 Meoni, #34 Cultera

Villa: una bolognese con obiettivo Dakar

Alcuni amici del sito ci hanno chiesto di trovare informazioni sulla possibile partecipazione di un Team che partecipò alla Dakar 1984 con due moto Villa 2T. Reperire informazioni a distanza di oltre 30 anni non è mai facile, ma la magia della rete e la passione di molti di voi, hanno fatto il miracolo. Dalle informazioni in nostro possesso, il team effettivamente è esistito ma non vi sono tracce della partecipazione alla Dakar. Qui di seguito il testo dell’articolo trovato su un Motocross dell’epoca. Chiunque sia in possesso di ulteriori informazioni e le voglia condividere con noi è il bene accetto.

Passione sfegatato per la moto, voglia di avventura e di provare emozioni diverse, un pizzico di fascino per il rischio. Questi i principali motivi che hanno spinto Riccardo Taroni e Stefano Bucci ad estiverai e partecipare al prossimo Rally dei Faraoni che prenderà il via in ottobre. Una decisione che per la verità non ci stupisce molto conoscendo l’amore per il fuoristrada e l’affiatamento che accomuna i due, uno di Forlì e l’altro di Faenza, che nell’inverno appena concluso hanno studiato un programma a lunga scadenza con l’obiettivo finale di disputare almeno una prova della massacrante Parigi-Dakar.

Saggiamente prima di addentrarsi in una avventura che potrebbe risultare al di là delle loro attuali esperienze, hanno deciso di avvicinarsi a queste particolari gare di enduro attraverso un programma per gradi che li vedrà, tanto per cominciare, cimentarsi nel Rally della Sardegna in giugno, per proseguire poi con quello dei Faraoni in ottobre e arrivare cosi al prossimo anno con un solido bagaglio di esperienze sulle spalle.

Naturalmente un simile calendario ha comportato notevoli problemi di ordine tecnico ad iniziare dalla scelta della moto e degli sponsor, indispensabili per un progetto così ampio; dopo una serie di trattative, la scelta del mezzo si è indirizzata sulla Villa.

La Casa motociclistica studierà e curerà espressamente per i due piloti e per questo tipo di competizioni, una moto da enduro in vista anche di una probabile produzione.

Durante l’inverno sono cosi iniziati i collaudi della Rommel, una due tempi di 410 cc. con la quale Bucci e Taroni parteciperanno in veste di piloti ufficiali della marca bolognese alle gare in programma. Numerosi sponsor hanno aderito con merito al team che ha come direttore sportivo Tiziano Pantoli: quelli tecnici sono la Giemme tute. la M. Robert che ha fornito gli stivali e gli accessori, la Nava, la Wiseco Italia, mentre un appoggio consistente e venuto anche dal Club del Motore, dall’oreficeria Tramonti, dalla Baby garden ma soprattutto da “Le Magiche Stagioni” ditta di abbigliamento giovanile diretta da Eris Bravi che ha visto nel fuoristrada un veicolo pubblicitario adatto a lanciare il proprio marchio.

Massimo Zanzani

Franco Picco Gilera RC 750

Una delle Gilera più belle, la RC 750!
Un ringraziamento speciale a Clemente Chiappa per le foto fornite.

Gilles Comte Dakar 1979

Gilles Comte, uno degli eroi della prima Dakar, 2° in Senegal su Yamaha XT500

Cyril Neveu Dakar 1979

Cyril Neveu scortato da “Fenouil” durante la prima Dakar 1979

Partenza di tappa Dakar 1984

Dakar 1984 con il #99 H.Scheck, #2 Vallet, #54 De La Fontaine, #75 Veronique Anquetil, #19 René, #50 Pelletier

Agadez: lo chiamavano il giorno di riposo

La città di Agadez è ricordata nella Storia della Parigi Dakar come il giorno di riposo. La gara si fermava per un giorno intero per prendere fiato, leccarsi le ferite e ricomporsi un po’.
Serviva all’organizzazione per fare il punto della situazione in vista della seconda parte di gara e contare i superstiti.
Le squadre ufficiali di auto e moto solitamente affittavano una casa intera,meglio se con giardino chiuso da alte mura di recinzioni per poter rifare completamente i mezzi in gara.

I meccanici aviotrasportati dei grandi team aspettavano i piloti moto con già gli attrezzi in mano ed ogni ben di Dio pronto…nuove ruote complete con gomme montate, catene,sospensioni,tutto il possibile veniva sostituito o rigenerato… compreso il pilota che poteva farsi finalmente una doccia, mangiare due pasti completi e rilassarsi un po’ in vista della seconda parte di gara.
La tappa precedente Agadez era solitamente lunga e massacrante, non ho mai capito se perché l’organizzazione volesse decimare i piloti da portare fino a Dakar o perché aveva poi il tempo di recuperarli il giorno dopo… Per i piloti privati, il giorno di riposo non esisteva !
anzi si lavorava di brutto, era un giorno bello tosto!

Era la sola occasione per cercare di ricomporsi un po’, non c’erano meccanici ad aspettarti e casse di ricambi freschi pronti da montare, case prenotate o stanze riservate in Hotel.
Ricordo bene la “micidiale” tappa N’guigmi-Agadez, durante la 12a edizione che appunto portava al tanto agognato giorno di riposo…o di lavoro come preferivo chiamarlo io.

Il mattino presto alla partenza, i motociclisti, uno ogni minuto, dopo cento metri si prendeva una pista a sinistra, prima tutti i big in lotta per la vittoria, poi noi a correre la gara contro la gara con in testa un solo obbiettivo …arrivare a Dakar !

Io avevo già preso una penalità per vari problemi alla moto nei giorni precedenti e partivo attorno alla quarantesima posizione, ma il passo era da primi 20, quindi una volta partito cominciavo subito ad inseguire la polvere di chi era davanti, partito prima di me.
La moto era alla frutta, le sospensioni finite, cosi come le gomme e tutto il resto… ma dopo un po’ non ci facevi più caso, cercavi di spingere per quanto possibile per andare a prendere quello davanti.

Bene, quando toccava a me quindi circa 40 minuti dopo la partenza del primo…vedo una Toyota bianca della TSO che invece di svoltare a sinistra come tutti i piloti che mi avevano preceduto passa una piccola duna di fronte alla partenza…e tira dritto: pronti via decido di seguirla!
La pista all’inizio era ben definita e le note sul road-book ritornavano tutte, l’unica cosa che non tornava era il fatto che non c’era la polvere in lontanaza del pilota davanti.
Chilometro dopo chilometro non potevo farmene una ragione, le note tornavano i riferimenti c’erano ma non c’era l’ombra degli altri piloti in corsa…era il Ténéré non ero sul lungomare di Riccione!
Lo stomaco mi si chiudeva un po’ ed ogni tanto mi fermavo a guardare la cartina Michelin che sempre portavo con me, non c’era il Gps! Solo una piccola bussola in tasca comprata al caccia e pesca sotto casa prima di partire ed una sul manubrio, una di quelle da ultraleggero che mentere andavi girava come una trottola.

Dopo quattrocento chilometri, la speciale era di 870…si 870, vedo l’elicottero di Sabine padre che si posa su una duna più avanti, scende e incomincia a sbracciare per chiamarmi, io mi guardo intorno come per dire dici a me ? Si, c’ero solo io, diceva a me.
Vado da Sabine e mi chiede, naturalmente in francese, con tono piuttosto preoccupato:
sul Road-book le note vanno bene, la pista e il road book tornano?

Io rispondo sempre in francese ma con inconfondibile accento romagnolo:
”Oui bien sur Mounsieur Sabine Tout Bien! “

E lui: “ vai sei in testa alla gara, sei stato l’unico a prendere la Bonne piste !

Non avevo ancora incontrato un solo concorrente…ma tutto tornava. E non avevo sbagliato nulla, erano gli altri che, sbagliato il primo, tutti dietro, ero in testa, io e la mia motina che stava insieme con le fascette e con le gomme finite.
Dopo un po’ arriva Orioli con la Cagiva che mi passa al doppio della velocità… poi Rahier con la Suzuki…mi son detto peccato, ci avevo preso gusto, ma mancavano più di 400 chilometri nel Ténéré con cordoni di dune infiniti e la possibilità di insabbiarsi o di perdersi altre 1000 volte.

E’ stato bello finchè è durato!
Tornando ad Agadez, ci sono arrivato alla sera tardi, in settima posizione, e vi garantisco che considerando le mie condizioni, era come se la speciale l’avessi vinta! Quando arrivi ad Agadez di notte da privato è un casino, non c’è nessuno ad aspettarti e non sai veramente dove andare, non è il solito bivacco, cominci a girare e a cercare qualcuno che conosci che possa dirti dove puoi dormire mangiare, e farti la prima doccia dopo Parigi.

Ma il mio pensiero dopo aver bevuto una birra nel primo chiosco impolverato sulla stada fù quello di trovare un posto per sistemare la moto, cambiare le gomme e sostituire il filtro dell’aria (adoperavo sulla mia moto quello in carta della Renault 12, macchina molto diffusa ai tempi in Africa, e quindi anche ad Agadez).
Non pensavo al riposo del giorno dopo, l’adrenalina a mille non ti fa sentire la reale stanchezza, sei distrutto ma pensi già alla tappa successiva, a quello che devi fare per spravvivere alla gara, che ti consuma piano piano.
Se lo racconti adesso che ti aspettano con il camper e l’idropulitrice non ci crede nessuno, dovevi per forza andare a scrocco, le gomme se non le trovavi nuove da qualche team che aveva perso i piloti per strada le dovevi sostituire con quelle scartate dai big, e sicuramente erano messe meglio delle tue. Ripassare tutto il possibile, cambiare l’olio, stringere tutto e saldare se c’era da saldare.

Se avevi fortuna ed il camion su cui avevi affittato il tuo piccolo spazio, era ancora in gara ti arrivavano le tue cose ed i tuoi ricambi…in insalata, completamente insabbiati e corrosi dallo sfregamento e dalle vibrazioni di un pezzo contro l’altro nel camion sulla pista.
Se avevi una felpa ed un paio di pantaloni sul camion non erano certo freschi di bucato ma erano sicuramente meglio della tuta Dainese che avevi addosso da una decina di giorni.
Bene da questa insalata dovevi recuperare i tuoi pezzi e cambiare tutto il possibile, catena corona e pignone, aggiustare nel migliore dei modi tutto quello che avevi distrutto nei primi 10 giorni di gara e presentarti alla partenza del giorno dopo con un minimo di dignità!
La doccia e il pensiero di riprenderti un po’ fisicamente era veramente l’ultimo dei problemi.
E lo chiamavano il giorno di riposo.

Continua…

Fabio Marcaccini

 

Cover Magazine Moto Verte 1979

Un simpatico Cyril Neveu a cavallo di un somarello, festeggia la vittoria nella Dakar 1979

Yamaha FZT 900 Dakar 1987

Tre vittorie consecutive della BMW convinsero nel 1986 la Honda, che per tornare al successo alla Parigi-Dakar era necessario giocare la carta del motore bicilindrico. Una scelta obbligata per tenere il passo nei lunghi tratti desertici dove la maggior velocità di punta consente alle due cilindri di acquistare un margine di vantaggio tale da mettersi al riparo da ogni recupero delle pur agili «mono». La Yamaha decise, invece, di confermare fiducia al monocilindrico dopo che si era ventilata la realizzazione di una bicilindrica da affidare alla squadra francese.
La risposta di Jean Claude Olivier, team manager della Sonauto, fu la realizzazione in proprio di un prototipo spinto dal motore della FZ 750 a venti valvole. Un progetto avventuroso, che ha fatto storcere il naso ai dirigenti della Casa di Iwata, ma non poi fino al punto da bocciare l’idea del pilota che nel 1985 era arrivato per secondo a Dakar.
Alla quattro cilindri per il deserto si è cominciato a lavorare in ritardo ed il banco prova della gigantesca enduro franco-giapponese furono proprio le piste della Parigi-Dakar. Ne esisteva un unico esemplare, ed a portarlo in gara fu proprio Jean Claude Olivier.
Così facendo rinunciò in partenza ad ogni chance di vittoria trovandosi a guidare una moto che erogava sì una potenza di 90 Cv ma il cui peso era sui 270 chili in ordine di marcia.

Nel 1986, JCO finì la gara dodicesimo, staccato di oltre 10 ore dal vincitore, ma portò la moto fino a Dakar.

Un traguardo importante che ha convinto Olivier ad insistere sulla strada intrapresa. E così in questi giorni è stata ultimata la Yamaha FZ 900 T Evoluzione 1, la moto che Olivier e Serge Bacou guideranno verso Dakar con propositi ben più bellicosi di quelli che hanno animato la spedizione ’86. Alla prima occhiata si capisce che si tratta di una moto completamente nuova senza alcun pezzo in comune con la versione sperimentale dello scorso anno.
Si è fatto un grande lavoro di alleggerimento ed alla fine l’impegno è stato premiato dal raggiungimento di un peso a secco leggermente inferiore ai 200 kg (20 chili in meno dello scorso anno) e soprattutto una suddivisione della masse che è quasi ottimale con il 45% all’avantreno ed il 55% al retro-treno.
Il telaio ha ora una culla inferiore in alluminio (smontabile) e per eliminare i problemi di pattinamento è stata diminuita la potenza massima a vantaggio di una migliore erogazione. Inoltre, sempre su indicazione di Olivier, è stata aumentata la cilindrata.
Il risultato è una cilindrata totale di 911 cc ed una potenza massima di 85 Cv, 53 dei quali già disponibili a 4.000 giri.
Nelle prove effettuate nel mese d’agosto nel deserto del Ténéré la FZ 900 T ha dimostrato di poter viaggiare in rettilineo ad una velocità di oltre 160 km/h (a titolo indicativo la «mono» ’87 nelle mani di Picco non è andata oltre i 135 km/h) e su un percorso tecnico nei dintorni di Agades il ritardo nei confronti del mono non andava oltre il secondo e mezzo al chilometro.
Anche i pneumatici hanno fatto enormi progressi sia in grip che in accelerazione, stabilità laterale ed ancora in durata. Cosciente dei progressi del quattro cilindri, che potrà essere la sorpresa della Parigi-Dakar ’87, ma anche dei suoi handicap (peso, ingombro, complessità meccanica) Olivier ha preferito seguire come lo scorso anno due strade parallele. Lui e Serge Bacou guideranno la FZ 900 T mentre Thierry Charbonnier e (con ogni probabilità) l’americano Danny La Porte saranno in gara con la monocilindrica vincitrice del Rally dei Faraoni con Franco Picco. Non si sa mai…

Fonte motosprint

Cover Magazine Le Sport Magazine 1993

Copertina dedicata ad Andrea Fumagalli su Suzuki durante la “disgraziata” Dakar 1993 che vide partenti poco meno di 50 iscritti nella categoria moto.